Si ringraziano la Libreria Universitaria Bicocca e la copisteria AGCopy per la gentilissima collaborazione.
Sono intervenuti in questo numero: Chiara Baj, Collettivo Pantere Rosa, Erika & friends, Brunella Giacomoli, Valentina La Martina, Alessandro Mietner, Roberto Mosca, Elena Polli, Maresa Sbarra, Emanuele Serrelli, Tina, Emanuela Trevisi, Diego Valeri.
E qui vorrei saper riferire se non altro una metà
delle cose che soleva dire Alice
quando cominciava con la sua
parola favorita: «Fingiamo…»
Lewis Carrol – Alice
L'invenzione nel rapporto col mondo non è una caratteristica esclusiva dell'infanzia, e tanto meno l'abbandono dei mondi inventati e l'avvicinarsi al mondo "reale" sono l'essenza dell'età adulta: quando il bimbo inventa il suo mondo, e soprattutto se stesso e i suoi compagni di gioco, esplora e impara ciò che continuerà a fare per tutta la vita: costruire e ricostruire identità, relazioni, significati. «Facciamo che io ero…» è un'espressione che ci accompagna in ogni interazione, e dice l'irriducibile inventività della comunicazione e della relazione umana. È questo il bello, ciò che (fra le altre cose) fa di noi uomini e donne: la creatività costitutiva del nostro rapporto col mondo!
«Noi abitiamo le nostre rappresentazioni del mondo»: partendo dai miei vincoli ("storia", "cultura", "carattere"…) invento il significato di quello che tu mi dici, intanto tu inventi un'identità per me e la inserisci nel tuo sistema di rappresentazioni, che a sua volta si modifica… Non esiste una verità perché non c'è un mondo uguale per tutti, ma ciascuno ha un ruolo determinante nell'inventare il proprio!
Abbiamo forse piantato i semi della jungla del relativismo, in cui chiunque può dire qualsiasi cosa perché "è vera per lui"? Ci siamo forse preclusi la possibilità di rimproverare chi "mette in bocca" agli altri ciò che non hanno detto, o interpreta male i loro comportamenti? Forse no. Ciò che rimane d'obbligo è rispettare la circolarità del processo di invenzione e interpretazione: non possiamo dire di avere una relazione sana se ne siamo gli unici creatori, se agiamo come se fossimo gli unici produttori di significati!
Nel nostro Ateneo (un esempio a caso!) le difficoltà di comunicazione sono tanto forti che il "rispetto della circolarità" è un'impresa titanica. La tentazione di "sapere noi la verità" e di appiattirci su un punto di vista superficiale è quasi irresistibile, e porta a conseguenze come quella del divertentissimo «gioco delle parti», in cui «quelli del tal ufficio non fanno un cavolo», «il prof. Tizio vuole solo fregarci», «gli studenti sono tutti cretini», ecc. ecc. ecc…
Siamo qui anche per questo: maggior comunicazione, non per una maggior aderenza alla "realtà" – che noia se tutto fosse già dato bell'e pronto! – bensì per inventare tutti insieme, "tutti dalla stessa parte". Noi abitiamo le nostre rappresentazioni del mondo, ma le nostre non sono le uniche! Creare insieme è l'unico modo di "inventarsi" in modo sano.
Ringraziamo infinitamente chi ha sostenuto Scie fin dall'inizio scrivendo, dando consigli, acquistando le copie e firmando per la richiesta di finanziamento: avete reso possibile questa iniziativa in cui noi crediamo sempre di più. Grazie! Grazie! Grazie!
Con le firme di 199 studenti e di due rappresentanti di Facoltà l'Università ci ha concesso un finanziamento di lire 4.000.000, che ci permetterà di stampare 5 uscite di circa 800 copie ognuna. Pertanto sono state stabilite nuove modalità di distribuzione delle copie (vedere la terza di copertina).
Ricordiamo che Scie è una superficie a disposizione di chiunque voglia scrivere e proporre, e che i coordinatori sono molto lieti di ricevere domande, suggerire argomenti e valorizzare chi volesse collaborare. Contattateci (vedere la terza di copertina).
ALCUNI PUNTI DI RIFERIMENTO:
«Guarda non saprei!»
«Purtroppo non si sa ancora niente, prova a ripassare la prossima settimana!»
«Hai provato a vedere in bacheca?»
Interrogati e ripensa a quante volte ti hanno risposto con queste frasi ogni qualvolta hai chiesto delle informazioni; è certo che se sei entrato in università, queste parole ti sono più che mai familiari e non solo qui alla Bicocca, ma anche nella maggior parte degli atenei milanesi (mi attengo a quelli del capoluogo lombardo perché ad essi si limitano le mie conoscenze, ma non stento a credere che la medesima disorganizzazione si verifichi oltre il mio campo esperienziale!), ora ti domando: non trovi tutto questo assurdo? Personalmente ritengo paradossale che un'istituzione didattica e scientifica, quale l'Università, alla quale è affidato il compito di organizzare e coordinare il più elevato ordine di studi, si sottragga ai suoi doveri e proponga allo studente (che peraltro le versa ogni anno una cospicua retta!) dei servizi inefficienti o quasi (perché alcuni di essi grazie alla disponibilità del personale che li gestisce fanno eccezione).
Ogni giorno ci si ritrova in balia di modifiche: agli orari delle lezioni, delle aule adite allo svolgimento degli esami, agli orari delle segreterie e a quelli del ricevimento dei professori (a questo splendido quadro fa da cornice il fatto che la maggior parte della popolazione studentesca, non abitando nelle vicinanze della propria sede universitaria, è soggetta inoltre anche agli orari che di certo non possono essere definiti "puntuali"; dei mezzi pubblici di trasporto), ulteriore elemento destabilizzante ogni sorta di tolleranza del malcapitato studente sono le interminabili file agli sportelli di segreteria al termine delle quali egli giunge alla consapevolezza di aver impiegato il proprio tempo inutilmente e di dover immergersi in una nuova avventura (sperando che sia quella buona!) tra le sapienti mura universitarie; ma si sa, il futuro, come ci ha giustamente insegnato lo Stagirita, è "contingente" e qui nella "culla della cultura" la componente aleatoria domina incontrastata!
Non resta altro che sfidare il Fato e fare propria la massima dell'oratore Appio Claudio Cieco, secondo cui «faber est suae quisque fortunae»; dunque caro studente che tu sia novello o veterano, se hai voglia ed intenzione di arrivare al termine del tuo iter scolastico, armati di forza e di coraggio, vedrai che uscirai vittorioso da questa sorta di sfida quotidiana, grazie a quella che Leopardi definì «la più eroica delle virtù»: la pazienza!
U2, 31 ottobre 2000
Cari amici dell'U6,
vi scriviamo dal nostro esilio quaggiù, tra i muri dell'U2. Questa sede è uno strano posto in cui le lezioni assumono sfumature inquietanti, parlando di numeri, logica proposizionale, insiemi, funzioni… ma non era la lezione di Storia della Filosofia?! Eppure l'aula è quella giusta: il bunker a noi riservato, in cui è vietato spostare le sedie "per non pregiudicare le applicate normative di sicurezza" (anche se tra una fila e l'altra ci sono 8 cm misurati).
Strano posto l'U2, un nome e tanti perché: ci sono solo due piani agibili, due macchinette per le merende, e almeno due volte a lezione "Enzo è pregato di mettersi in contatto con la portineria". Senza dimenticare le due guardie armate che ci sorvegliano sospettose, abituate fino a poco fa a quei tre (o due) studenti di fisica che frequentano i loro corsi impronunciabili. Siamo ospiti, siamo come quel pesce che dopo tre giorni puzza, metaforicamente. Qualche esempio "terra terra": all'interno dell'edificio non si può mangiare o sedersi per terra e il bar dell'U3 è sempre sovraffollato.
Ecco, insomma, due informazioni due sulla nostra nuova vita eremitica. With or without U(6) e i suoi labirinti, continuiamo la nostra lotta per un pranzo migliore e vi salutiamo da lontano. Ciao ciao!
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P.S. [f(x) V f'(x)], ovvero "sai quel che perdi, non sai quel che trovi"
Con questo slogan il 10 e 11 ottobre come Collettivo Pantere Rosa abbiamo organizzato un punto di incontro per la compravendita dei libri di testo di Scienze dell'educazione.
Questa iniziativa aveva lo scopo di permettere la circolazione di libri usati e fotocopiati tra gli studenti, per consentire innanzitutto un minimo risparmio sui costi universitari già fin troppo elevati, e in secondo luogo per riflettere sugli interessi e sui profitti che professori, librerie e case editrici hanno sulla vendita dei testi.
Comunque questo nostro intervento su "Scie" vuole più che altro essere un resoconto dell'attività svolta, mentre ulteriori chiarimenti sulle motivazioni che ci hanno spinto ad organizzarla possono essere trovati sul notro sito murale che si trova al IV piano dell'edificio U6.
In queste due giornate abbiamo avuto fedeli alleati e pericolosi nemici. Tra questi ultimi bisogna sicuramente considerare la pioggia: è caduta incessantemente per due pomeriggi, senza un attimo di tregua, accompagnata da un freddo invernale che ha messo a dura prova la resistenza degli organizzatori. Altro nemico sicuramente gli orari delle lezioni, inconciliabili per i vari corsi: quando arrivavano gli studenti del terzo anno per vendere i loro testi, mancavano quelli del primo anno per comprarli; quando questi ultimi finivano le loro lezioni i primi erano già sulla strada di casa. Così ci siamo accontentati di bacheche volanti (nel vero senso della parola, visto il vento che soffiava) che ci auguriamo abbiano prodotto i frutti sperati: tanti contatti telefonici e altrettanti libri scambiati. Altro nemico è chi ha avuto l'idea geniale di trasferire le lezioni del secondo anno negli edifici U2 e U4; praticamente dall'altra parte del mondo, considerando la pioggia, i treni e le navette da prendere al volo. Un altro ringraziamento ai professori che hanno ben pensato di cambiare la quasi totalità dei libri adottati (peraltro tutte nuovissime edizioni) e di minacciare i possessori di testi fotocopiati (chiedere al primo anno…).
Per fortuna in questi due giorni abbiamo avuto però anche grandi alleati. Innanzitutto tutti gli studenti che hanno creduto in questa iniziativa, che hanno recepito il messaggio, cercando di renderla un successo: sfidando la pioggia e il vento sono venuti sotto i portici a vendere i loro libri e ad acquistarne altri. Grandi amici anche le caldarroste e il vinbrulé che abbiamo cucinato e offerto il secondo giorno, nonché la musica che ha animato il pomeriggio. Infatti il "mercatino" si è trasformato ben presto in un momento di aggregazione, di divertimento e di dibattito, dimostrando come con una libera e spontanea iniziativa si possa rendere meno grigio l'ambiente che ci circonda.
Lo scambio dei libri non è comunque finito il 10 e 11 ottobre. Abbiamo intenzione di riproporre questa attività, possibilmente in uno spazio più adeguato. Per ora abbiamo creato una bacheca adibita solo alla compravendita dei libri, che vi invitiamo a riempire con le vostre richieste e le vostre offerte (sito murale, vedere pag. 3); per agevolare la libera circolazione della cultura contro l'equiparazione della merce col sapere. Siamo convinti che con l'impegno e la partecipazione di tutti possiamo difenderlo e garantirlo realmente il diritto allo studio.
P.S. Il Collettivo Pantere Rosa si ritrova ogni primo e terzo venerdì del mese alle ore 9.30 presso il sito murale.
Quanto spendiamo per i libri di testo? Abbiamo deciso di cominciare un'indagine raccogliendo i costi di questo primo semestre e proponendo un questionario sull'argomento ai docenti.
I PIÙ CARI:
1. Filosofia dell'educazione (M-Z) 293.000
2. Psicologia clinica 245.000
3. Organizzazione, progettazione, metodologia e valutazione dei sistemi di formazione aziendale e professionale 191.000
4. Psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione 185.000
5. Clinica della formazione 180.000
Il professor Mantegazza, titolare del corso più caro del semestre, alla domanda "Quanto stima che possa costare l'acquisto di tutti i libri di testo in programma per il suo corso?" risponde: "Troppo! Sulle 300mila". La scelta dei testi, nella quale ha tenuto conto dei costi, "è stata una decisione non facile! Direi che per il libro di Levi alla fine ho deciso di adottarlo in toto per il patrimonio culturale (ed etico!) che comunque rappresenta".
Il professor Barenghi, docente di Letteratura italiana contemporanea, ha dimostrato di conoscere molto dettagliatamente le spese previste per il proprio corso (circa 180.000 lire), e di averne tenuto conto nella scelta.
I PIÙ ECONOMICI:
1. Storia della filosofia (M-Z) 87.000
2. Epistemologia genetica 116.000
3. Storia della filosofia (A-L) 120.900
4. Pedagogia generale (M-Z) 124.000
5. Pedagogia interculturale 133.500
La media del costo dei testi per ciascun corso è di lire 166.625, sinceramente meno elevata di quanto ci aspettassimo. Per alcuni corsi ci sono diverse "attenuanti", come la disponibilità di edizioni economiche, la possibiltà che i libri siano "già presenti nella biblioteca di uno studente che ha superato l'esame di maturità" (Barenghi), o comunque l'importanza di possederli: "sui classici e su Levi (per esempio) suggerirei comunque di acquistarli!" (Mantegazza).
Quanto spende in questo semestre uno studente che segua il manifesto degli studi ufficiale?
CHI SPENDE DI PIÙ?
1. III anno (educatori) 560.000
2. III anno (insegnanti) 549.000
3. I anno (M-Z) 533.000
4. III anno (formatori) 518.000
5. II anno (A-L) 477.000
6. I anno (A-L) 450.000
7. II anno (M-Z) 443.000
Paolo Ferri, docente di Teoria e tecniche dei nuovi media, fa notare come per la sua materia (ma crediamo anche per altre) ci siano "molti vincoli di disponibilità editoriale dei volumi", e ancora "in caso di indisponibilità dei volumi sarà necessario sostituirli con altri analoghi disponibili in libreria". Questo per sottolineare che ci sono altri fattori che giocano nella scelta, oltre al prezzo (di cui il docente afferma di aver tenuto conto).
Anche se – bisogna dirlo – la sua stima di lire 100.000 non si avvicina molto alle 147.000 che gli studenti devono realmente spendere per il suo corso.
Il prof. Barenghi nota: "È importante a mio avviso abituarsi all'idea che non si possono possedere tutti i libri che è utile conoscere". Ma allora, quali sono le alternative all'acquisto dei libri nuovi originali? Per il momento i docenti suggeriscono all'unanimità il ricorso alle biblioteche, oppure (Ferri) al prestito interbibliotecario. Barenghi suggerisce inoltre di "condividere i testi con un compagno di studi".
Intanto ci permettiamo di dare un paio di provocazioni: è davvero pensabile un massiccio ricorso alle biblioteche? Facendo un calcolo approssimativo, se anche ogni biblioteca della Lombardia avesse una copia di un testo (cosa impensabile, visto che perfino in quella della Bicocca i nostri stessi libri di testo scarseggiano e spessissimo – specialmente i più costosi – non si possono neanche chiedere in prestito perché ce n'è una copia sola), ciò non basterebbe neanche lontanamente a soddisfare la richiesta degli iscritti alla nostra Facoltà.
Inoltre: una eventuale soluzione del problema può evitare di confrontarsi con l'esplorazione dei meccanismi che portano a certi spropositi nel costo dei testi?
Ringraziamo Mario Barenghi, Paolo Ferri e Raffaele Mantegazza, i tre (su 19) docenti che hanno risposto con grande disponibilità e celerità alle nostre domande, e speriamo che anche gli altri trovino il tempo di risponderci prima della seconda puntata della nostra indagine, sul prossimo numero di Scie.
Sulla mailing list è sorta un'interessantissima questione a seguito di un messaggio di uno studente (o studentessa) spaventato dalla "bellissima e confortante notizia sulla presunta inutilità di studiare 4 anni per diventare educatore professionale". Pensiamo che sia capitato anche ad altri di leggere cartelloni che gridano "al lupo" in questo modo. Ecco alcune risposte al suddetto messaggio che credano possano chiarire un po' di più la questione.
Premesso che io non sono documentato, direi che neanche il cartello in questione lo è. Prima di tutto parla in modo generico dei "concorsi nelle aziende sanitarie". Ora, come noi ben sappiamo, le vecchie U.S.S.L. hanno perso la seconda "S" che stava per "SOCIO-" e hanno conservato solo la seconda che sta per "SANITARIE", diventando A.S.L. Ora, mi sembra EVIDENTE che noi NON SIAMO IN GRADO di svolgere mansioni troppo specialistiche di tipo sanitario. Probabilmente i concorsi a cui fanno riferimento (considerando che ogni concorso ha i suoi propri criteri di ammissione) sono riservati a chi di medicina ne sa di più.
Inoltre teniamo conto che in questo periodo di cambiamenti ce ne sono eccome, a partire dal 3+2 (rispetto al quale la nostra laurea quadriennale non si è ancora definita), alla chiusura delle scuole regionali, alla ridefinizione retroattiva di alcuni titoli di studio (una mia amica ha dovuto lasciare il lavoro perché il suo diploma di animatore sociale non vale più). Senza contare tutto l'enorme dibattito sulla definizione professionale delle figure educative, il possibile futuro spostamento della laurea "educatori professionali" sotto medicina…
Tutto ciò non investe certamente solo gli educatori. Io ho scelto l'indirizzo per insegnanti, e abbiamo scoperto che gli esami previsti dal manifesto degli studi non sono abilitanti all'insegnamento secondo due (reciprocamente contraddittorie) circolari.
Davanti a tutto ciò io dico NON FACCIAMOCI PRENDERE DA INUTILI E SEMPLICI ALLARMISMI!!! Teniamo conto che chi decide ai vertici è comunque vincolato a:
1. LEGGI che prevengono il puro arbitrio, per quanto riguarda la definizione di piani e titoli di studio
2. SITUAZIONI REALI: credete davvero che quando fra un paio d'anni la Bicocca sfornerà migliaia di laureati in Scienze dell'Educazione (a parte il fatto che come ho detto prima la situazione sarà completamente diversa) qualcuno di prenderà la responsabilità di lasciarli disoccupati?
Tutto ciò non certo per esaurire il problema, ma per dire che la situazione non è semplice e banale come viene presentata! Se vogliamo informarci facciamolo, ma non allarmiamoci per niente: siamo realistici, e abbiamo anche UN POCHINO di fiducia. Anche l'anno scorso abbiamo fatto un gran casino per la riforma, e mi sembra che la cosa sia stata gestita abbastanza bene. Anzi, non tutti i corsi della Bicocca sono già in regola con la riforma, mentre noi si! Spero che il dibattito continui...
Ciao a tutti, sono Brunella Giacomoli, una delle rappresentanti del Consiglio di Facoltà […]. Vorrei dare alcune informazioni relativamente agli spauracchi che girano grazie alle informazioni infondate che qualche gruppo o persona divulga. Innanzitutto, per ciò che riguarda la validità a livello professionale della nostra futura laurea, i corsi ufficiali suddivisi per indirizzo (educatori, insegnanti e formatori) proposti dalla facoltà, per i quali si sostengono i relativi esami, la Facoltà li ha elaborati in base ai piani di studio possibili previsti dalle vigenti leggi in materia e non credo proprio che i nostri docenti, dopo tutti questi anni vissuti in Università a rilasciare lauree, siano così sprovveduti da fondare una facoltà che rilascia diplomi di laurea inutilizzabili sul mercato del lavoro.
Problemi in questo campo possono sorgere a chi volesse personalizzare il proprio piano di studi o agli studenti trasferiti da altri corsi di laurea che devono avere la convalida degli esami sostenuti. In tal caso, una volta scelto l'indirizzo da seguire – si deve andare, osservando gli orari affissi nella bacheca di facoltà all'U6 IV piano – presso l'Ufficio di consulenza e orientamento per i piani di studio, di fronte alla bacheca stessa, oppure, meglio ancora (e lo consiglio vivamente), prendere appuntamento nell'orario di ricevimento col professor CINGOLI, (non mi ricordo la sua aula ma è il docente di storia della filosofia), che predispone i piani di studio con leggi alla mano, per vedere se gli esami che abbiamo già sostenuto o quelli che vorremmo sostenere sono coerenti con l'indirizzo prescelto o meno, nel qual caso lui consulta la Gazzetta Ufficiale e consiglia quelli che si devono per forza sostenere, ai fini del riconoscimento del titolo di studio.
[…] Ora voglio esprimere il mio parere […] al fine di chiarire concettualmente la differenza fra una professione a carattere igienico sanitario, quale può e deve essere sicuramente quella di assistente sociale, infermiere, medico ecc. e quella che noi dovremo svolgere in base ad uno specifico piano di studi, di carattere umanistico-scientifico, che ci porta a diventare professionisti non nella medicina ma nel settore dell'educazione e della formazione.
Innanzitutto le ASL – aziende sanitarie locali – oltre al personale medico e paramedico assumono anche ingegneri, ragionieri, dattilografi e che comunque nel curricolo studentesco non vedono contemplate sicuramente l'igiene e le norme correlate. Casomai queste saranno materie specifiche con le quali cimentarsi (perché tipiche del settore sanitario, insieme a una vasta gamma di Leggi, DPR, Leggi regionali, Testi Unici, Regolamenti e statuti dell'organizzazione e sindacali) quando si dovrà superare il concorso pubblico.
Questo discorso vale anche per tutti gli altri settori e servizi della pubblica amministrazione e dello stato. La nostra figura professionale è specifica e concerne l'attività di "educazione e formazione" dell'intera persona ed il nostro curricolo di studi è volto a prepararci a saper progettare, gestire, stimolare, sviluppare e attivare scientificamente i processi implicati nell'apprendimento (cognitivo, operativo ed emotivo-affettivo) che accompagnano gli esseri umani lungo la loro vita, tenendo conto anche del contesto sia sociale, che storico, che politico, che economico a cui si correlano. Credo che, connotata in tal senso, la nostra figura professionale sia molto ben definita e lo Stato italiano, che sappiamo arriva sempre in ritardo, ne dovrà pur tener conto se è in grado di porre attenzione a tutti i cambiamenti in atto nella postmodernità. Non siamo noi, esperti nei processi educativi e formativi, inadeguati al mondo professionale, ma è questo che ormai è obsoleto e non ha – ne sono certa – alcuna opportunità di aggiornarsi se non attraverso gente come noi, preparata professionalmente e a livello accademico: Sarà questo che si dovrà e si potrà offrire quando i bisogni di formazione continua diverranno una questione prioritaria di sopravvivenza.
[…] Come si sapeva benissimo da anni, noi educatori non possiamo lavorare in certi contesti ospedalieri, per intendersi quelli in cui ci vuole una preparazione apposita. Lì possono lavorare solo medici, infermieri, personale ASA, ecc. ecc. Non essendoci esami di igiene e robe varie da noi, non è chiaramente possibile che andiamo a lavorare come personale sanitario. Quel tipo di lavoro si può fare da qualche branca di medicina e scienze infermieristiche, oltre che dalla scuola per educatori della regione. Alzi la mano chi pensava di andare a lavorare in reparto in ospedale, e che scopre adesso di non poterlo fare […].
In date 18/10 e 25/10 ci sono stati due incontri studenteschi sui temi rispettivamente: "Il lavoro di strada con donne extracomunitarie prostituite in strada" e "Chi è l'educatore professionale? Chi è l'esperto nei processi di formazione?". Lo scopo di questi momenti aggregativi non è consistito nella ricerca di precise definizioni. Piuttosto di mettere a disposizione degli studenti lo spazio per un confronto diretto con alcune figure professionali, confronto che potesse aiutarci a capire meglio il mondo del lavoro nel quale entreremo domani, ma anche ad orientare in modo più consapevole i nostri studi di oggi.
Gli incontri si sono svolti con uno stile molto aperto in cui la discussione si è svolta liberamente e ha rivelato un vivo interesse da parte degli studenti. La partecipazione è stata modesta, ma particolarmente numerosa per l'incontro sulle figure professionali. Preparare questi incontri è sempre molto faticoso, soprattutto perché i relatori non ricevono alcun compenso e spesso non si riescono a conciliare esigenze di aule, orari, lezioni. D'altra parte riteniamo che sia molto importante che gli studenti si muovano autonomamente per organizzare incontri che possano collegarci al mondo del lavoro al quale forse spesso ci prepariamo un po' troppo… teoricamente. Pertanto abbiamo intenzione di promuovere altre iniziative come queste, all'organizzazione delle quali invitiamo tutti gli interessati.
Ricordiamo a tutti che è possibile contattarci tramite la casella della posta (di legno vero e proprio!) delle rappresentanti (4°piano, di fronte l'ufficio del dott. Mantegazza) oppure tramite e-mail alla casella di posta elettronica di Scie o del sito non ufficiale indirizzando il messaggio alle rappresentanti del Corso di Laurea..
Allora, come è andata? Nonostante i timori iniziali (quanti saremo? ci sarà qualcun altro oltre a noi due o tre?), è andata piuttosto bene. Alle 10.30 ci sono almeno una ventina di persone, che a mezzogiorno saranno una cinquantina, tra cui diversi "ospiti": accompagnatori di studenti, uno studente lavoratore di Economia che vuole capire come si fa a organizzarsi, una studentessa della Cattolica che vuole passare in Bicocca, due ragazze di un'associazione culturale che si occupa di metodi di studio.
Abbiamo iniziato presentandoci: molti sono al primo anno, e hanno un assoluto bisogno di informazioni, che non sanno dove trovare. Comunichiamo gli indirizzi elettronici della mailing list, del sito non ufficiale, della mailing list del giornalino (Scie) e infine, tanto per essere imparziali, quello del sito ufficiale (e abbastanza inutile) dell'università.
La questione del calendario degli appelli suscita subito grande discussione ed emergono altri problemi; ad esempio:
Ognuno ha il suo problema particolare, che per ognuno è giustamente importante. Maresa, come rappresentante degli studenti, spiega le ragioni addotte dai prof. per sostenere la validità del raggruppamento degli appelli come è stato fatto. Le motivazioni sono due: una proposta che sia veramente di qualità deve necessariamente favorire la frequenza ai corsi che sarebbero disertati nel caso in cui si svolgessero esami durante le lezioni; gli appelli mensili non sono possibili per scarsità di risorse umane(su più di tremila studenti ci sono appena 10 professori tra ordinari ed associati!) e perché si creerebbe una situazione di eccessiva confusione (basti pensare all'anno accademico 98/99). In realtà questa soluzione sfavorisce non solo gli studenti frequentanti che non riescono a preparare tutti gli esami del semestre insieme, ma anche e soprattutto gli studenti lavoratori per cui non è stato pensato alcun percorso alternativo. Sostanzialmente la qualità della proposta è rivolta a quegli studenti che possono permettersi il lusso di seguire la mattina e studiare il pomeriggio (se voi ne conoscete ditemelo!). Finora le richieste di modifica del sistema che prevedevano l'inserimento di due appelli straordinari a Novembre ed Aprile, fatte dalle rappresentanti degli studenti, sono cadute nel vuoto: forse, vedendo che anche gli studenti si muovono in prima persona, qualcosa potrebbe cambiare. Alcuni docenti addirittura credono che le cose vadano bene basandosi sui libretti che hanno visto (e gli altri che ovviamente non hanno visto?). D'altra parte, aggiunge Maresa, non è pensabile ad appelli riservati agli studenti che lavorano, innanzitutto perché una discriminazione non è possibile, e in secondo luogo perché comunque sarebbe difficile distinguere chi veramente lavora a tempo pieno e non può frequentare regolarmente da chi lavora saltuariamente, a part-time o non lavora affatto.
Quanto alla disponibilità dei singoli prof. ad appelli straordinari, pare che in generale ci sia una certa resistenza, a parte alcune eccezioni – o forse anche chi sarebbe favorevole non ha il coraggio di dirlo apertamente.
Una proposta (che ancora deve essere portata in consiglio di corso di laurea e poi, nel caso passasse, dovrebbe essere ridiscussa in consiglio di Facoltà), fatta da Demetrio, è quella di esami scritti a Novembre ed Aprile (con la possibilità di essere discussi negli appelli ordinari), che non interromperebbero le lezioni se non per un giorno, e che potrebbero essere sostenuti da chi deve recuperare: l'idea non suscita molto favore, ed è considerata un modo di uscire elegantemente dal problema da parte di Demetrio, senza eccessiva fatica.
Un'altra proposta (stesso iter di prima), più concreta, è quella di incontri mensili dei prof. con gli studenti lavoratori, non tanto per fare un riassunto rapido delle lezioni, ma per dare indicazioni e orientamenti concreti su come preparare l'esame.
In sostanza, pare che i nostri problemi siano sottovalutati e considerati solo ora, a tre anni dalla nascita della facoltà. Tuttavia, se la facoltà è strutturata per consentire di studiare solo a chi non lavora, dovrebbero rendere la frequenza obbligatoria, oppure istituire corsi serali. Maresa spiega che purtroppo la nostra università è in una fase ancora di assetto e deve far fronte a mille difficoltà, tra cui la fastidiosa sensazione di non essere tenuti in gran considerazione (tra facoltà più "prestigiose" quali Giurisprudenza ed Economia) dal rettore.
Esigenza che sembra importante per far valere le nostre richieste è quella di documentare le difficoltà che i lavoratori e in generale tutti gli studenti si trovano ad affrontare. Per questo chiediamo a tutti di compilare il test sulla didattica del sito non ufficiale in cui si possono inserire informazioni riguardo agli esami sostenuti e a quelli che "secondo la proposta di qualità dei docenti" si sarebbero dovuti sostenere.
Viene letto il testo completo della lettera, proiettato con lucidi sulla lavagna luminosa, e raccolte le firme: abbiamo finora 29 firme, altre ne saranno raccolte nel corso delle lezioni nella prossima settimana.
La riunione si chiude verso mezzogiorno, con l'impegno, da parte di nostra, di organizzarne altre nel corso dell'anno. Nel complesso, lo scambio di comunicazione è stato vivace e interessante, sono stati messi in luce molti e diversi problemi, e la necessità per molti, soprattutto del primo anno, di avere più informazioni. Purtroppo non tutti hanno il computer, ma mi è sembrato importante fare sentire a questi studenti di non essere abbandonati alle loro difficoltà ma di avere comunque, tra gli studenti, qualche punto di riferimento.
Carissimi tutti, direi che l'assemblea di oggi è andata proprio bene. Nonostante il sabato e l'ora mattutina erano presenti diverse persone. Sarebbe opportuno avere degli incontri di questo genere più spesso per spezzare la solitudine del lavoratore-studente che è sempre veramente tanta soprattutto nei primi anni. Si dice che è lo scotto da pagare, ma non è obbligatorio! Possiamo organizzarci in modo che le cose cambino un po'. Sarebbe bello poter organizzare anche una giornata di vendita-scambio di libri, dispense ed appunti, magari al sabato mattina, prima dei prossimi appelli.
Mentre tornavo a casa pensavo che un modo per farsi tenere più in considerazione è quello di prendersi più cura di sé (inteso qui come gruppo). Dobbiamo imparare noi stessi per primi a crearci delle opportunità prendendo delle iniziative concrete di reciproco aiuto ed incontro. Se la nostra richiesta di oggi dovesse essere elusa cordialmente, non fermiamoci, perseguiamo altre strade per raggiungere l'obiettivo che mi sembra del tutto lecito e motivato. Sicuramente la mailing list (vedi pag. 4, n.d.r.) è un buon mezzo di comunicazione ma non basta. Lancio l'idea di costituire un Libero Comitato, un Gruppo Promotore o qualcosa di simile che si incarichi di raccogliere proposte, prendere iniziative e coordinarle per migliorare la qualità della vita universitaria dei lavoratori-studenti ed anche degli studenti-lavoratori (la differenza c'è, pensateci bene). Io metto a disposizione volentieri un po' del mio tempo per questo, se ci fossero altre persone motivate a costituire un gruppo.
Cerchiamo di prendere in mano maggiormente la situazione, dopotutto sarebbe un buon training autoformativo per tutti. Un caro saluto e… aspetto notizie.
Perché un Gruppo Studentesco Gay & Lesbico in Università? È una domanda che uno si deve porre se vuole fondare, come abbiamo fatto io e Simone, un Gruppo Studentesco Gay & Lesbico in Università. Ho ammesso a me stesso di essere gay a 20 anni. Ero al mio primo anno di Università e non sapevo cosa fare. Non volevo andare in un locale gay perché la cosa mi spaventava e pensavo di essere l'unico gay al mondo e che non avrei mai incontrato un'altra persona come me. C'ho messo un anno per fare i miei primi passi nel mondo omosessuale e conoscere altre persone omosessuali e l'ho fatto proprio in un Gruppo Studentesco Gay & Lesbico che ancora esiste all'Università degli Studi di Milano: il Joy. Da qui viene l'idea di fondare un gruppo analogo in Bicocca. Gay e lesbiche vivono spesso nell'anonimato e ancora più spesso sono costretti a nascondersi. La società in cui viviamo, anche se ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni, considera ancora l'omosessualità come qualcosa di cui ci si dovrebbe vergognare. E questo si vede soprattutto quando devi dirlo ai tuoi genitori di essere gay o lesbica: non sempre ti accolgono a braccia aperte e ti dicono: "Ma è meraviglioso!". Se poi consideriamo che la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze ammettono a se stessi la propria omosessualità in un'età compresa tra i 20 e i 25 anni si capisce bene l'importanza di un Gruppo Gay & Lesbico in Università.
Il nostro gruppo vorrebbe essere un punto di riferimento per tutti i ragazzi gay e le ragazze lesbiche che cercano un ambiente dove essere se stessi non è considerato un reato. Vuole anche proporsi come un momento per riflettere e diffondere una cultura della tolleranza e del rispetto reciproco delle diversità che viene in primo luogo dall'esperienza diretta della discriminazione che ogni gay e lesbica fa sulla propria pelle. Infine il nostro gruppo vuole essere un'occasione per gay e lesbiche di incontrarsi, conoscersi, socializzare e confrontarsi. Ecco perché abbiamo deciso di chiamarlo inKontrario. Per tutti coloro a cui può interessare la nostra attività ci troviamo (almeno finchè non avremo trovato una sistemazione più comoda) ogni Venerdì dalle 14.30 alle 16.30 nell'edificio U7 al secondo piano (vicino alle scale). Se ci volete scrivere il nostro indirizzo è [email protected]. Vi aspettiamo!
Quando la discriminazione arriva dall'alto… Siamo stati BLOCCATI dal personale dell'università quando abbiamo messo per la prima volta alle bacheche un volantino in cui si pubblicizzava il gruppo. Mentre tutti gli altri gruppi universitari possono esporre i loro volantini senza problemi e senza dover richiedere nessuna autorizzazione ci è stato detto che noi la dobbiamo richiedere. L'abbiamo richiesta alla Dott.ssa Mara Postiglioni Dirigente dell'Ufficio Affari Generali dell'Università degli Studi di Milano Bicocca e lei ce l'ha negata dicendo che "scopo dell'istituzione universitaria è quello di favorire la divulgazione di attività che rivestano soltanto un interesse didattico". Abbiamo fatto notare che gli altri gruppi studenteschi fanno attività culturali sì (come vuole fare anche il nostro gruppo, cosa che abbiamo scritto a chiare lettere nella nostra richiesta di autorizzazione) ma non didattiche. Ci è stato risposto che il nostro gruppo non fa l'interesse di tutta la popolazione Universitaria ma solo di una nicchia. Abbiamo operato attraverso i rappresentanti di Ateneo e ci è stato detto di fare un'altra richiesta. Perché gli altri gruppi non devono fare richiesta e noi invece si? L'abbiamo fatta ugualmente e dopo 34 giorni dalla prima richiesta, 34 giorni di su e giù dal rettorato con Dirigenti che non si fanno trovare, di "le faremo avere notizie, non si preoccupi", noi NON ABBIAMO ANCORA la nostra autorizzazione. Di ottenere un posto dove il nostro gruppo studentesco si possa ritrovare una volta la settimana in università "non se ne parla nemmeno", ha dichiarato, la Dott.ssa Postiglioni perché "l'università è carente di aule e non può concedere spazi per attività studentesche continuative". Peccato che il Comitato di Pastorale Universitaria disponga di un ufficio tutti i giorni otto ore al giorno e di un'aula di lezione per celebrare la messa. L'abbiamo fatto notare e ci è stato risposto che in un paese in cui la maggioranza della popolazione è cattolica bisogna difendere il diritto degli studenti cattolici a frequentare la messa. Ma non quello degli studenti gay e delle studentesse lesbiche a ritrovarsi, aggiungo io dopo le dichiarazioni fatte.
Ritengo che sia molto chiaro il motivo per il quale noi siamo trattati in questo modo e non è un discorso di didattica: siamo un gruppo Gay & Lesbico e queste due parole nel nostro paese vogliono ancora dire DISCRIMINAZIONE. Ritengo inoltre che cio che è avvenuto basti per capire quanto è importante la nostra presenza in questa Università.
Io sono attraverso di te anch'io.
E. E. Cummings
Spesso mi sono trovata a pensare come le persone costruiscono, nel corso del tempo, un'immagine di se stesse eccessivamente vincolante che non dà la possibilità di esprimere totalmente la propria soggettività. Credo che quest'immagine l'abbiamo costruita quasi inconsapevolmente attraverso l'incontro con gli altri, quegli altri (professori, parenti, amici, conoscenti) che erroneamente ci hanno "categorizzato" in modo riduttivo, riconoscendo in noi esclusivamente alcuni gesti, comportamenti che hanno poi utilizzato per formulare il loro giudizio, il loro "verdetto"… Così per il professore (che guarda a noi in maniera superficiale) siamo dei bravi studenti se studiamo con impegno e se – sopratutto – otteniamo buoni risultati, così come per la maggior parte della gente valiamo qualcosa se riusciamo ad ottenere un certo prestigio sociale…
Io mi allontano da tutto questo e sono sicura che prima di essere un'immagine, una rappresentazione mentale fittizia prodotta forse dalla poca volontà da parte degli altri di conoscerci per quello che siamo veramente, abbiamo dentro noi qualcosa di straordinario ed unico e che per questo sia importante poter riuscire a tirare fuori quelle potenzialità che, a causa di "influenze" negative, siamo stati "costretti" a tenere nascoste, taciute… Preserviamo noi stessi dalle delusioni… così che tutto ciò che portiamo dentro di prezioso, non verrà mai neanche scalfito nella sua purezza e bellezza… ma non verrà neanche mai conosciuto e tutte quelle persone che sono disposte a "incontrarci", accettarci e a migliorarsi attraverso quello che gli possiamo dare, trasmettere, non potranno farlo perché avranno dinnanzi a loro persone timorose di esporsi, di "manifestarsi" nella propria essenza.
Non tutte le persone che incontriamo o conosciamo sono lì unicamente per "categorizzarci" o umiliare tutto quello che "semplicemente" siamo. Forse dobbiamo rischiare un po' ma sono convinta che perdiamo molte occasioni d'incontro e confronto che riducono in modo drastico la possibilità di fare esperienza e quindi di arricchirci ulteriormente…
Martedì, 24 ottobre 2000… sul treno, di ritorno dall'Università… Scienze dell'Educazione, iscritta al secondo anno ma frequentante ancora il primo… Sto leggendo "Scie" e alla voglia che mi viene di scrivere qualcosa ANCH'IO rispondo "perché no?". Eccomi, sono Chiara. È sempre martedì 24 ottobre, sono le 20.00! Due osservazioni:
1. Mi è piaciuto un sacco l'articolo di Valentina La Martina del numero di settembre, soprattutto a proposito del rapporto "amoroso" con lo studio… sta succedendo anche a me!
2. Stavo leggendo le "frasine umoristiche" nei riquadri e mi veniva troppo da ridere… Avete presente quando siete soli in mezzo alla gente e vorreste trattenervi ma vi viene troppo da ridere? Ecco… è andata così! Comunque lo scopo di questo mio articolo vuole essere anche quello di tentare di capire (confrontandomi, se possibile) una cosa: da tempo vado chiedendomi il perché di tanti cellulari. Sono veramente impressionata (anche schifata, direi!) dall'enorme quantità di cellulari che vedo. E sinceramente presso Scienze dell'Educazione pensavo andasse un po' meglio… così… pensavo che magari chi ha a che fare maggiormente con le "relazioni" e la "comunicazione" fosse un po' meno soggetto (e più sensibile) alla superficiale comunicazione che, secondo me, caratterizza l'uso dei cellulari. Oddio, mi sento abbastanza estremista in questa posizione! Il fatto è che vedo il cellulare come il simbolo evidente di questa società… quella che, ci insegna il "prof." Ceruti, è definita "moderna", "globale". E non è che sia un gran bel simbolo… penso a quanto intenso sia scrivere una lettera ad un amico, piuttosto che mandargli un messaggino; penso agli sguardi che si incrociano, alle mani che si stringono fra le persone che si trovano, si incontrano, si vedono; penso agli inganni di chi costruisce i cellulari e avrebbe già potuto inventare il modello completo, perfetto ma non lo fa, o meglio, lo fa piano piano, perché così uno può cambiarlo almeno 2, 3, 4, 5 volte…; penso ai bambini che ho conosciuto in Africa che, in qualche modo, "subiscono" il nostro consumismo; penso, per tutto ciò, di voler resistere nella mia scelta di non comprarmi il cellulare! Pensiamoci.
P.S. ...che poi, per dirla tutta,è davvero necessario comprare il cellulare per dire "Mamma sono in treno, sto arrivando"?
Non sappiamo ancora se al momento della prossima pubblicazione di Scie l'associazione culturale "la nave dei folli" sarà stata costituita. Crediamo di sì. Questa associazione nasce dalla volontà di alcune/i studenti di dar vita ad una realtà interna alla facoltà che vada ad affiancare alcuni discorsi pedagogici e portare nuovi stimoli e contributi. Ci riferiamo ai docenti del gruppo di "clinica della formazione" con particolare attenzione alla Filosofia Educativa di Raffaele Mantegazza ma anche ai discorsi di Paolo Mottana e alla nuova "pedagogia della devianza e marginalità" di Pierangelo Barone. Inoltre siamo interessati ai discorsi sul materialismo aleatorio del prof. Morfino e di Luca Pinzolo. Ovviamente oltre a Foucault ci interessa Althusser, dimenticato dai "celebranti" del Maestro Massa come se questo fosse stato un contributo da sottovalutare nella formazione e nel pensiero di R. Massa. In realtà non pensiamo che la "dimenticanza" di tutto il filone marxiano nei discorsi celebrativi su Massa sia casuale. Anzi. Tuttavia ci chiediamo se oggi un sapere qualsiasi possa fare a meno di prendere posizione in questo mondo "globalizzato" dove l'uomo non è più neanche merce! Crediamo di no. Per questo nei limiti del possibile cercheremo di portare all'interno dell'università tutta una serie di iniziative tese a riaffermare la centralità dell'uomo (qualsiasi uomo e donna), sia egli pazzo, criminale, ebreo, comunista, omosessuale, normale ma non troppo… Non preoccupatevi, abbiamo intenzione di farlo anche divertendoci. Stiamo infatti pensando a 10 giorni di "stage" alla Maddalena con pensione completa a 500000 lire per tutte/i gli studenti. I soci fondatori dell'associazione sono gli Educatori/trici del CAG di Cinisello Balsamo "icaro". Per iscriversi o avere informazioni potete rivolgervi al num. 02/66013653. Vi aspettiamo numerosi anche perché vogliamo fare delle belle vacanze. O no?
Atomi ed elettroni sono diavolerie che solo la fisica lo sa
La mosca vede a venti dimensioni, ma a noi frega poco
Anselmo non è Ambrogio
Ho un fenomeno verde, con un certo peso, una certa massa, una certa forma… è la mia borsa
~ [f(x, y)
è f'(y)] = se non mi baci muoioSto andando troppo veloce? (seguire per credere)
Marietto Cingoli
Per un disguido di comunicazione, la prof. Rezzara non è venuta a lezione (ma cosa insegna?)
Vieni qui vuol dire come sapete vieni qui.
Anna Rezzara
Facciamo un esempio che per esempio vi viene la rotazione dell'unghia del mignolo sinistro
Ogni tanto mi sbaglio di qualche lustro.
Sarebbe incauto dire: gli studenti della Bicocca pensano…
Faccia il suo esempio che poi glielo smonto
I buoni ricercatori sono sempre frustrati
Ho un esempio terra terra.
Se non lo sapete pronunciare, allora non ditelo (ahem….)
Ma perbacco leggetelo! (aveva appena detto di saltarlo, il capitolo)
Solo travestendoci da talpe potremmo osservare le monache di clausura nell'ora d'aria.
Pensando un intervento a lungo termine per un uomo di ottantacinque anni…
Susanna Mantovani
Non ho preso la navetta perché non sono una lottatrice!
Chi vuole i lucidi per un motivo feticista, li trova in copisteria.
Paola Marcialis