
Si ringraziano la Libreria Universitaria Bicocca e la copisteria AGCopy per la gentilissima collaborazione.
Sono intervenuti in questo numero: Pietro Condemi, Marisa Conte, Erika Giobellina, Valentina La Martina, Patrizia Pedretti, Maresa Sbarra, Emanuele Serrelli, Diego Valeri.
Febbraio dello scorso anno accademico. Mattina di lezione. Preparo la borsa: libri, penna, quaderno, chiavi di casa, cellulare, fazzoletti, …macchina fotografica? Ma sì, tanto devo finire il rullino!
Arrivo in aula (dopo un'ora di tram e metrò!), mi siedo e mi sparo queste 20 pagine di lucidi sulla socializzazione in classe e nel cortile (soc. dell'ed.). Finalmente intervallo!!! Tiro fuori la mia macchina fotografica e, cercando di non farmi vedere, mi trovo un posticino adatto per scattare: FLASH!!!
Segue un momento di silenzio: facce attonite mi guardano stupite e un po' spaventate: "Ma che… stai facendo?!" Sorridente e divertita spiego: "Mi sembra bello immortalare un po' di giungla universitaria… e poi… nel caso si riesca a mettere insieme un giornalino…".
Mi si avvicina un ragazzo con i capelli ancora più vivaci dei miei: "Un giornalino? Ma… qualcuno ci ha già pensato? Tu ne fai parte? Magari, se ci fosse un coordinamento più che una redazione, se non fosse troppo impegnativo, io potrei…"
"Ma no, non sarebbe assolutamente troppo impegnativo! Si tratterebbe solo di raccogliere vari contributi dagli studenti e metterli insieme. Non ti preoccupare, per qualsiasi problema ci penso io, altrimenti a che servono le rappresentanti? Iniziamo a vedere che si può fare…"
In un attimo avevo tutti i suoi dati e la sua disponibilità a presentare l'idea all'assemblea studentesca che si sarebbe tenuta di lì a poco. Nell'arco di una settimana, vedendoci a lezione e parlandone durante gli intervalli, erano già pronti il nome, l'introduzione, i volantini, i lucidi, i cartelloni e tutto quanto potesse rendere buona pubblicità alla grandiosa idea.
Tramite e-mail e cassetta delle rappresentanti abbiamo raccolto articoli, proposte e adesioni, abbiamo sfruttato tutte le risorse di cui disponevamo e che la facoltà offre e all'uscita del "numero zero"… eravamo tutti increduli: SCIE!
Per tutti quelli che credono nella bellezza di un percorso universitario attivo, per tutti quelli che hanno dei progetti e delle idee, ma non sanno come realizzarli, questa storia è un invito a chiedere, informarsi, guardarsi intorno. Perché proprio accanto a voi, a noi, potrebbero apparire scie molto interessanti ed utili! È curioso come spesso basta poco per aprire grandi spazi!
!!! SCIE GRATUITO !!!
La legge 429 del 3.8.1985 prevede contributi alle iniziative e alle attività culturali e sociali attinenti alla realtà universitaria. Per ottenerlo e RENDERE SCIE GRATUITO abbiamo bisogno di una grande RACCOLTA DI FIRME. Per partecipare dovete firmare uno (UNO SOLO) dei fogli presenti:
NUMERO ZERO
Scie è partito davvero alla grande! Abbiamo dovuto ristampare tre volte il numero zero. La distribuzione è avvenuta presso: studenti (138), libreria Bicocca (86), segreteria didattica (14), copisteria AGCopy (12). Ecco il bilancio (che potete trovare anche sul nostro sito internet):
Spese di stampa = lire 245.000 (totale copie 250)
Ricavato della vendita = lire 349.200
Guadagno netto = lire 104.200
In realtà c'è un consistente SOPRAVANZO dovuto a studenti che hanno gentilmente voluto offrire una cifra maggiore e ad alcune copie stampate in più. In ogni caso, TUTTI i soldi in cassa vengono per stampare più copie possibili.
SITO
Attivato il 22 giugno 2000, il sito di Scie (www.ciaoweb.net/scie) ha ricevuto più di 120 visite. Sul sito potete trovare:
PRESENTAZIONE corso di Laurea in Scienze dell'Educazione MARTEDI' 26/9 ore 10.30, aula U6/7
Di cosa si parla?
Per chi?
LEGENDA:
UOCD = Ufficio di Orientamento e Consulenza Didattica del Corso di Laurea in Scienze dell'Educazione. Fino a dicembre è nella stanza 4104, edificio U6, IV piano, negli orari definiti e affissi in bacheca. Oltre alle funzioni sotto indicate, l'UOCD svolge anche quella di fornire informazioni sui due corsi di laurea e in particolare al Corso di Laurea in Scienze dell'Educazione. Non è possibile creare liste di iscrizione nei giorni precedenti al ricevimento; la lista di studenti interessati a ricevere informazioni va compilata il giorno stesso, 10 minuti prima dell'inizio dello stesso ricevimento.
La responsabile dott.ssa Ilaria Moroni è stata appena affiancata da due collaboratrici per velocizzare il servizio, specialmente in questa prima parte dell'anno.
SEGR = Segreteria studenti (edificio U6, piano terra, dalle 9.00 alle 12.00)
MATRICOLE
TRASFERIMENTI
II ANNO
Non siete tenuti a compilare alcun piano di studi, ma dovete attenervi al Manifesto degli studi affisso in bacheca. Gli orari e le aule delle lezioni del secondo anno verranno entro fine settembre esposti in bacheca e pubblicati sulla guida di facoltà.
III ANNO
L'anno scorso la facoltà si è data da fare per stabilire i contatti con enti presso cui è possibile svolgere il tirocinio. Dato che nel panorama milanese siamo arrivati per ultimi (dopo la Cattolica e le scuole regionali) non è stato facile collocare tutti, nonostante un buon 50% degli educatori abbia provveduto da sé. Starete pensando: beh, dato che i contatti sono già stati presi, quest'anno i tempi saranno più ristretti… e invece no:
IV ANNO
PROVA DI INGLESE
Le prime prove di accertamento della conoscenza della lingua inglese sono state fissate per i giorni 17, 18 e 19 OTTOBRE 2000.
Le iscrizioni alla prova si sono aperte il 4 settembre 2000, tramite web all'url http://www.unimib.it/, oppure presso il LIB (laboratorio di informatica, edificio U7, 3° piano), dal lunedì al venerdì dalle 8.30 ALLE 19.00, e si chiuderanno il 4 ottobre 2000. L'esposizione dei turni per il sostenimento della prova è prevista per l'11 ottobre.
Il sostenimento della prova è consentito solo agli studenti regolarmente iscritti dal secondo anno in poi. La prova consisterà nella compilazione di questionari informatizzati e si terrà presso i laboratori didattici dell'ateneo. Gli argomenti della prova e i testi consigliati per la preparazione sono esposti nelle bacheche.
TUTTI
Se potete, consultate spesso tutte le bacheche (vedete le cartine dell'U6 in questo numero) e leggetevi tutti gli avvisi. Consultate il nostro sito internet (www.ciaoweb.net/scie), che noi cerchiamo di tenere aggiornato con le novità.
Rivolgetevi alla SEGR per tutti gli aspetti amministrativi: tasse universitarie, libretto, tessera magnetica, esami che avete sul libretto e non sul terminale…
Rivolgetevi ai singoli docenti per informazioni sul programma d'esame, eventuali programmi d'esame individuali o richieste relative alla tesi di laurea.
È possibile richiedere la borsa di studio I.S.U. entro il 2 ottobre, previo ritiro del modulo che costa lire 3.000 presso l'ufficio I.S.U. U6 primo piano (vedi cartine) e contiene il relativo bando.
* Tra parentesi - spero di non essere l'unica ma non saprei quantificare…!!! Ho pagato in questi giorni la seconda rata del terzo anno, dopo un lungo e faticoso processo di trasferimento documenti dall'Università Statale di lettere a Milano a quella di Scienze dell'educazione in Bicocca… quanta strada!!! I regolari iscritti si stanno avvicinando al termine ultimo di pagamento rate per accedere al successivo anno accademico, onde non incorrere in una pesante e via via crescente morosità. Io dopo mesi di anonimato e trasparenza mi sono finalmente iscritta lo scorso aprile e mi domando: FACCIO FORSE PARTE DI UN PARALLELO MA A SE STANTE ANNO NON ACCADEMICO PER TRASFERITI E CASI LIMITE???
Il mio intervento su questo numero di "Scie", che sarà distribuito in coincidenza con l'inizio dell'anno accademico, non vuol essere altro che un INCORAGGIAMENTO alle possibili, probabili e certe "matricole". Utilizzo questo termine (incoraggiamento) ben lungi dall'essere la prerogativa ad una interazione asimmetrica del tipo - Io veterana d'università e gran donna di mondo, mi rivolgo a te piccolo inesperto neodiplomato per darti delucidazioni riguardo ecc. ecc. ecc - ecciù! Salute! (Battuta!)
Ad un meeting di buddismo ho sentito parlare per la prima volta di incoraggiamento come una sorta di rituale, d'incontro mirato, di cerimonia e rispetto i racconti dei presenti ne ho costruito un immagine positiva di intenso scambio emotivo e forte calore umano. IMMAGINO… in un momento particolare…, VEDO… ombre pesanti schiacciarmi nella loro presenza angosciosa; tante mani delicate scostano cumuli di denso grigiore, sgombrano la vista opprimente, indirizzano altrove il mio sguardo… mi accolgono sorrisi, luce, nuovi colori... Associo a questa parola una serie di belle sensazioni, e sebbene fosse legato ad un contesto diverso per me l'impatto è ugualmente forte, e spero di riuscire a trasmettere perlomeno un'emozone, uno stimolo… rispetto quella che è la mia esperienza. Credo sia una tappa importante il passaggio dalle superiori all'università.
C'è chi parte con troppo entusiasmo, incuriosito dalle novità e assorbito nelle numerose iniziative, per finire con un'energia via via più affievolita fino alla totale scomparsa e finale appiattimento. Per altri al contrario l'inizio è problematico; ci si sente spaesati e non si riesce in alcun modo a gestire la situazione, ma con pazienza si trova un posto e una dimensione propria.
Io sicuramente ero nella prima categoria di accidiosi, di quella triste specie che comincia 100 (attività) a 1000 (entusiasmo) e si ritrova a 0 (risultati)… Prima di riuscire ad intravedere (se pur in lontananza) la mia strada ho fatto mille deviazioni e troppe false scorciatoie che mi hanno costretto ripetutamente ad allungare il percorso. Probabilmente tra i motivi il fatto che imboccavo istintivamente e di tutta fretta (praticamente correndo) ogni strada che mi pareva affascinante e soprattutto veloce.
L'unico consiglio che mi sento di dare, a voi ma anche a me stessa, è di continuare sempre (anche di fronte a ciò che ci spaventa) a metterci in gioco. Ciò non significa tuffarsi di testa dall'ottavo piano di un palazzo, ma salire con pazienza e consapevolezza gradino per gradino, senza abbattersi o fermarsi ad ogni minimo incidente di percorso. Penso che di per sé la paura non esista: noi la creiamo mediante un processo che utilizziamo per interagire con la realtà, per semplificare ed "appiccicare" quell'etichetta di riconoscimento che in futuro ci sarà utile (ad accorgerci di un pericolo reale) o ci affosserà (nel caso di pregiudizi, tabù che ci immobilizzano .impedendo qualsiasi azione).
Educare significa anche comprendere, non attraverso preconcetti ma considerando ogni essere come unico e particolare. Più conosciamo e accettiamo noi stessi e più riconosciamo la parte di noi che vive nell'altro e lo comprendiamo. Così se qualcuno si comporta male con noi ne siamo in parte responsabili. Se qualcuno ci calpesta, noi per primi abbiamo commesso l'errore di accasciarci a mo' di zerbino. Educare significa VALORIZZARE se stessi e gli altri. Anziché catalogare una persona come egoista o maleducata, oppure in positivo, pensare se l'interazione che costruiamo insieme è sana o malata.
Mi auguro che tutti noi che oggi studiamo e svisceriamo il significato dell'educazione domani avremo imparato non tanto delle nozioni quanto un modo di vivere e pensare diverso. Sui testi che leggiamo si parla di "SFIDA ALLA COMPLESSITÀ", senza vincitori o perdenti ma capaci di accettare entrambi come gli INIZI DI UNA NUOVA BATTAGLIA (e non la fine di un gioco).
Non fatevi illusioni, del resto: io regno a modo mio, e sarebbe più esatto dire che io "funziono". Voi siete un poco romantici spagnoli, e mi vedreste volentieri sotto l'aspetto di un re negro o di un sontuoso insetto. Si sa: voi avete bisogno di patetico. Ebbene, no. Non ho scettro, io, e ho preso la forma di un sergente […]. Lo stato d'assedio è proclamato. (dal monologo della Peste ) (1)
L'educatore ti aiuta a liberare energie interiori, a raggiungere la tua verità, a "tirar fuori" ciò che è nascosto in te? Oppure questa è solo una finzione letteraria, e invece l'educatore ti incasella, registra, controlla, ti "mette dentro" ciò che vuole e crea la verità su di te? La verità è che siamo tutti parte di un dispositivo immateriale e spersonalizzato, che si incarna nelle persone e nelle relazioni ma che è ben lungi dall'esaurirsi in esse. È il dispositivo pedagogico che educa, e noi fatichiamo a rendercene conto perché abbiamo bisogno del patetico: l'uomo non può fare a meno di umanizzare, e questa è un'esigenza legittima e inalienabile.
E in questo senso lo spettacolo del laboratorio teatrale (2) è stato patetico: due anni di lavoro in orari ingrati, senza crediti formativi o punti fedeltà o diavolerie del genere! Uno spettacolo serale! All'aperto! Con sedie vere! Sì, quelle di legno con la copertura di paglia, che si spostano perché non sono inchiodate a terra! Ragazzi vestiti dell'essenziale, che corrono qua e là e gridano, e recitano, davanti a duecento persone lì per guardarli! È stato come urlare in faccia alla peste che siamo uomini e donne, che il suo controllo ci sta stretto, ci sconforta e ci fa arrabbiare!
Ma questo spettacolo ci mette in guardia contro un altro tipo di patetico: quello che occulta il dispositivo dietro a immagini semplici e stereotipate che guidano un'azione ottusa e inconcludente. Ricordo le parole di un'amica: "la peste della nostra università non è Ceruti! Spero che vedendo lo spettacolo capirai".
(1) A. Camus, Lo stato d'assedio, trad. it., Bompiani, Milano, 1974
(2) Lanciato dal prof. Massa (Filosofia dell'educazione) nell'a.a. 98/99, il gruppo di valorosi studenti ha messo in scena Lo stato d'assedio il 22 e il 23 giugno scorsi alle 18.30 nel cortiletto dell'U6.
Posso esprimere tutta la mia ammirazione per coloro che si sono presi cura di redarre e "confezionare" il primo numero di Scie? Il giornalino è interessante, la scelta dei pezzi indicativa della voglia di collaborare, fare, costruire: complimenti!
Poco più di un anno fa insieme ad Emanuela - a proposito: auguri di pronta guarigione! - sollecitati dal professore Riccardo Massa, siamo riusciti a prendere "l'ultimo treno" per fare eleggere dei nostri rappresentanti agli organi di facoltà; coloro che si sono offerte per comparire nelle liste lo facevano certo al buio, non sapendo cosa le aspettasse, dimostrando un grande coraggio e la stessa voglia di fare dei redattori di Scie: a loro va il nostro grazie perlomeno per il tempo che hanno sottratto alla loro vita privata per dedicarlo all'università. Tuttavia abbiamo fatto ancora poco: dopo di allora, personalmente non mi sono più interessato dei problemi, mentre dal canto loro ritengo non siano state in grado di organizzare più numerose occasioni d'incontro con gli studenti.
Premetto questo perché a mio parere la comparsa di Scie può dare un contributo decisivo per una maggiore partecipazione collettiva, provvedendo sì ad organizzare dibattiti sulla carta, ma ritengo ancora più importante organizzando incontri di persona, fondando un comitato che affianchi e supporti i nostri rappresentanti, che stili proposte concrete, che le metta ai voti durante più numerose assemblee, basta leggere il giornalino per rendersi conto che le idee certo non mancano - l'articolo di Emanuele Serelli, Idee per nessuno…, l'ho trovato bellissimo!
Se è vero che solo al terzo tentativo sono riuscito a comprare il giornalino, se è vero che bisogna tener conto di un effetto primo numero trainante, è anche vero che molte persone hanno comprato Scie, mostrando interesse a partecipare, in un modo o nell'altro, alla vita della nostra facoltà; inoltre, dagli incontri durante le lezioni, ci si rende conto facilmente di un alto grado di preparazione da parte di molti studenti, soprattutto di coloro che già operano nel mondo del lavoro. Sarebbe molto bello, anzi doveroso, riuscire a convogliare tali professionalità, mettendole a servizio di noi tutti, chiedendo uno sforzo d'impegno aggiuntivo a tutti. Il grande merito di questo primo numero ritengo che sia stato proprio questo: tanto da fare, ma anche tanta preparazione e voglia di fare.
Personalmente sarei orgoglioso di poter dare il mio contributo e di potermi relazionare con la professionalità di tanti di noi.
Sembra quasi che ci sia un'enorme paura a riconoscere di aver bisogno degli altri. In ogni rapporto d'amore, di amicizia, o semplicemente in un legame sottile, breve ed invisibile ad occhio nudo, si vive un'emozione, o semplicemente un "cambiamento di stato" che rappresenta comunque qualcosa di concreto, vivo, reale […] E credo che sia veramente qualcosa di positivo, straordinario e importante quello che state facendo. La "vera forza" è racchiusa in ognuno di noi, è vero, ma è enormemente potenziata dai legami e dai rapporti che si stringono con gli altri.
A chiunque non abbia avuto la fortuna di entrare nei grandi giri delle organizzazioni potrebbe venire in mente che organizzare un'assemblea, per esempio, è abbastanza semplice. State a sentire…
Maresa torna dalle vacanze martedì 29 Agosto. Mercoledì contatta via e-mail le sue colleghe rappresentanti con lo scopo di discutere alcuni progetti per l'a.a. 2000/2001, tra questi un'assemblea dedicata in parte alle matricole (presentazioni, accoglienza, informazioni), in parte agli studenti del 4° anno (piani di studio, trasferimenti). Dopo brevi consultazioni, Maresa scrive una lettera per l'autorizzazione da chiedere al preside e al rettore. Martedì 5 settembre. Ci vogliono un paio di lettere e un paio di giorni perché, vedete, ognuno ha il suo bel daffare e non è detto che chi stai cercando sia sempre nel suo ufficio, a volte (questa!) bisogna affidarsi ai favori del "vicino di ufficio" che gentilmente ti garantisce di recapitare il tuo messaggio a chi di dovere. Maresa manda un'e-mail alla signora Zancolò (pseudo-responsabile disponibilità aule) per avere conferma della ricevuta richiesta da far firmare al rettore e magari per sapere le date possibili, perché nelle richieste è sempre meglio mettere un periodo indicativo da adattare alla disponibilità delle aule, cioè da adattare alle esigenze di tutti gli altri tranne che alle tue. Nessuna risposta. Maresa, mercoledì 13 settembre, deve tornare per la quarta volta in rettorato. Preside e rettore d'accordo, la risposta della Zancolò: "Non posso dirle ancora nulla signorina perché l'addetta alla prenotazione delle aule non è stata ancora nominata. Quando ci sarà però dovrà far pratica… ci vorrà del tempo!". Il tutto sulla porta del suo ufficio.
Maresa lascia il suo indirizzo e-mail (non si capisce come faceva a non averlo la suddetta Zancolò visto che Maresa le aveva già scritto!) e si avvia verso il corridoio. Arrivata alla bacheca davanti all'ufficio della Moroni vede un manifesto: Giovedì 14 presentazione della facoltà di Scienze della Formazione, organizzata da Help Point, gruppo di ragazzi di Obiettivo Studenti. A questo punto Maresa si incuriosisce e scusatela ma s'incazza.
Come è possibile che l'addetta per le aule sia presente per un gruppo di studenti e "non è stata ancora nominata" per una rappresentante che dopo dieci giorni di sbattimenti, l'autorizzazione del preside della sua facoltà, l'autorizzazione del rettore della sua università vuole organizzare una semplice assemblea?
Forse che il modo di ottenere le cose non sempre è quello delle "autorizzazioni"? Forse che essere rappresentanti è solo una formalità per rendere difficile la vita a chi malaguratamente si rende disponibile per quest'incarico? Forse che mi sono mossa troppo tardi (un mese d'anticipo)? Forse che bisogna avere le conoscenze giuste? Va beh. Noi l'assemblea vogliamo farla. Vi faremo sapere come andrà a finire.
Il 10 e 11 maggio 2000 si sono svolte le elezioni per il Senato Accademico della Bicocca. Sapete come sono andate a finire? Da una percentuale bassissima di votanti (circa l'11%) gli otto posti disponibili per la rappresentanza studentesca si sono così ripartiti:
4 posti alla lista Obiettivo Studenti
Angelini Fabio (scienze)
Marra Alfredo (giurisprudenza)
Fruscio Robert (medicina)
Bondi Vera (scienze dell'educazione)
3 posti alla lista Rete Democratica
Contraffatto Massimo (economia)
Losio Dario (biotecnologie)
Luppino Gaia (medicina)
1 posto alla lista Coordinamento dei collettivi autonomi Ecce Bombo
Conte Marisa (scienze dell'educazione)
Il Senato Accademico Integrato si occuperà di discutere ed elaborare lo statuto dell'Ateneo Bicocca; i rappresentanti eletti dureranno in carica fino a che non si ultimerà questo compito.
Conte Marisa non sarà più ufficialmente rappresentante nel Consiglio di Corso di Laurea in Scienze dell'educazione perché come da regolamento vigente le due rappresentanze sono incompatibili.
Le prossime elezioni per il CdF e per il CCL si terranno in aprile del 2001.
Chiunque fosse interessato ad approfondire le questioni riguardanti l'importantissima funzione degli organi di governo accademici può lasciare un messaggio nella casella di mailing list del Sito Murale che trovate al IV piano dell'U6 sulla parete esterna della segreteria oppure rivolgersi direttamente alle rappresentanti oppure partecipare alle riunioni-ritrovi del collettivo Pantere Rosa di Scienze dell'educazione.
Perché il momento dell'esame è importante?
È il momento in cui viene assegnato il voto; essere promossi o bocciati è una bella differenza; bisogna laurearsi in fretta; è lo scopo dello studio;…
Tutte queste motivazioni, seppure reali e fortemente incidenti, non sono esaurienti. Il momento dell'esame risulta importante perché è il luogo possibile del realizzarsi di un incontro educativo essenziale: quello tra studente e docente. La nostra situazione accademica rende difficile l'accadere di questo fatto squisitamente formativo che dovrebbe essere fondamentale per un apprendimento completo. Infatti il rapporto docente-studente è di 1:100 e durante le lezioni può arrivare ad essere di 1:500.
È vero che sono possibili i colloqui individuali, strumento spesso poco sfruttato dagli studenti stessi ai quali è rivolto, ma ad ogni modo lo squilibrio quantitativo che separa i due protagonisti della vita universitaria è forse troppo accentuato.
D'altra parte il numero dei docenti sta aumentando e il nostro Consiglio di Facoltà si è dato da fare per approvare l'assunzione di numerosi collaboratori e assistenti, figure preziose che spesso possono diventare degli importanti punti di riferimento.
Eppure in questa situazione mi sembra che possa essere il momento dell'esame lo strumento per trasformare il grosso limite della mancanza di relazione docente-studente in una preziosa risorsa. Se il momento dell'esame è inteso come scambio significativo all'interno di una situazione di asimmetria positiva, se è considerato come possibilità di riflessione, sintesi, rielaborazione creativa, produzione di un sapere ulteriore, cambiamento che produce apprendimento se viene abbandonato dagli studenti quell'atteggiamento del: "comunque ci provo" e che rende pietoso il colloquio d'esame e se vengono messe dal docente le condizioni tramite cui lo studente si sente ascoltato, investito di fiducia, stimolato a dare il massimo e non "indagato", allora è davvero possibile uscire dalla logica dell'esamificio e recuperare la pienezza di un percorso di studio completo.
In realtà molti docenti e ancora più studenti riescono a vivere questa dimensione specialmente produttiva del colloquio d'esame. Io stessa ne ho avuto esperienza più volte e devo dire che quei venti minuti mi sono serviti più di intere ore sui libri o di molte lezioni seduta per terra in fondo ad un'aula troppo affollata.
Perché non riconoscere il valore formativo dell'esame? Perché non dargli tutto lo spazio e il tempo di cui necessita?Questo è forse l'unico modo per trasformare in risorse i limiti che un'organizzazione ancora debole come la nostra impone. Trasformare i vincoli in risorse: uno sforzo di pensiero e non solo.
È da questo punto di vista che bisogna riconsiderare la proposta dell'inserimento di due nuovi appelli, ad Aprile e Novembre. RIPENSATECI PROF!!!!
Ciao, purtroppo non ho scritto un articolo, ma ho ricevuto questo pensiero da una persona importante e mi è piaciuto molto, così ho pensato che potesse essere uno spunto interessante per voi. Non so di chi è e non so se vi sarà utile… vedete voi. Alla prossima e buone vacanze a tutti.
Dovunque vi comandi d'abitare il cuore,
nel chiasso mondano o nella quiete,
spargete senza calcolo, con fede, i tesori dell'anima…
Non vi turbi la crudele doppiezza,
l'umanità ha la sua unica salvezza
nell'omertà del bene…
C'è l'angoscia dei vani desideri,
l'oscura fatica senza ricompensa
e il castigo di amar la sofferenza
per un pugno di attimi sinceri.
Non cedete… quando verrà il tempo della prova.
L'umanità soltanto vive, - dell'omertà del bene.
Un bene che rifugge dagli osanna: protetto dal silenzio.
Forza invisibile, grazia nascosta.
Il rumore non giova al bene, come non dire: "Non sappia la
destra ciò che fa la sinistra".
C'è così tanto bene nel mondo… eppure continuiamo a lagnarci di quello che non abbiamo e di quello che non va. La proposta è di aiutarci a scovare questo bene, ad aprire gli occhi perchè la vita diventi più bella e più ricca per tutti.
Ognuno di noi ha un metodo di studio e credo sia importante possedere un modo personale di "relazionarsi" con i libri. Leggere e basta o sottolineare, evidenziare, scrivere "a margine", sono tutte operazioni che ci danno la possibilità di rendere il libro più familiare, più "nostro". Come un libro bianco ci da l'idea di dover ancora essere esplorato, capito, amato/odiato…
Non necessariamente chi sottolinea di più o chi studia ininterrottamente per 6 ore, ha capacità cognitive superiori alle nostre… non che io non creda nell'equazione "più lavoro = più produttività", ma sono convinta che una maggior quantità di studio deve essere anche considerata alla luce della sua effettiva qualità. Posso leggere e studiare a memoria, acquisire nozioni in modo meccanico e posso anche prendere 30 ma questo risultato a cui sono giunta ha "creato" uno spazio vuoto tra me-persona e me-soggetto-da-giudicare. A cosa mi è servito l'esame? A conoscere nuove cose, a pensare, a ragionare o a prendere 30? Certo c'è chi guarda solo al risultato finale e poco importa se ha potuto apprendere e fare nuove conoscenze, e c'è chi si rapporta allo studio in modo quasi "amoroso" perché in grado di risvegliare sempre nuove, intense sensazioni. Appartengo alla seconda "categoria" di persone e non per questo mi ritengo migliore… anzi, forse sono io ad avere più difficoltà ad inserirmi nei meccanismi di una società eccessivamente efficientistica… ma sono felice così.
Spesso mi sono trovata di fronte a una situazione di ansia perché pensavo di aver studiato… non poco, ma non abbastanza. Ma poi mi son detta: "…abbastanza per cosa? Per un 28, 25, 30…?" E io sono in grado di giudicare la mia preparazione? Certo, se riconosco di non riuscire a formulare un discorso coerente e sensato sull'argomento d'esame, forse ho dedicato effettivamente poco tempo o forse ho studiato, ma con poca attenzione, o ancora ho compreso poco, o sono in ansia, preoccupata così tanto per l'esame che ho l'oblio totale… succede anche questo purtroppo. Le ragioni e le variabili in gioco sono tantissime e si possono dare spiegazioni diverse, anche complesse sui motivi per cui ci si sente poco preparati. Ma prima di diventare giudici severi di noi stessi dobbiamo forse riconoscere che non si può sapere tutto e spesso, anche quando ci sentiamo molto preparati, possiamo comunque essere valutati meno di quello che ci saremmo aspettati… e non sempre la spiegazione proviene da noi: i docenti, situazioni particolari… entrano in gioco e determinano (anche se a volte solamente in parte) l'esito dell'esame. Io credo che a questo ci sia sempre rimedio, l'importante è capire, essere consapevoli delle difficoltà da incontrare e imparare ad affrontare queste situazioni, per comprendere anche quale sia il metodo più efficace per superarle.
E comunque non bisogna colpevolizzarsi se abbiamo preparato l'esame in 30 giorni e i nostri compagni di corso in 60 perché non è detto che siano migliori di noi. Semplicemente organizzano il proprio studio in maniera diversa dal nostro. Posso stare a casa tutto il giorno a studiare (e nel frattempo faccio la pausa caffé/merenda (2 volte), guardo un po' la tv, "gioco" con i miei pensieri, penso ad altro…) e in tutto studio 3 ore. Posso uscire e divertirmi il pomeriggio e studiare la sera (o viceversa): il tempo per "cazzeggiare" è stato sostituito con il tempo per gli amici, il ragazzo/a e così via, ed è tempo speso bene se ci fa star bene, se ci dà serenità e parallelamente più voglia e impegno per studiare dopo. Faccio questi discorsi perché prima di iniziare l'Università ho sentito tante frasi tipo: "Avrai pochissimo tempo libero!", "Sotto esame non riuscirai ad uscire!"… boh! Questi stereotipi fossilizzano immagini e pensieri distorti in ansie continue che si perpetuano coi discorsi degli altri e DEGLI ALTRI e così via… un circolo vizioso, infinito. Alla base di tutto vorrei dire che è il nostro modo di rapportarci al mondo che determina maggiormente quello che riusciamo a fare e ottenere, non come gli altri dicono che noi ci dobbiamo rapportare. Certo all'Università si deve studiare, e tanto, ma non sempre studiare un tot di ore in meno rispetto agli altri vuol dire sapere poco.
Ho letto la storia scritta da Marisa Conte sul giornale dell'università a proposito del trattamento riservato alla collega che si è fatta carico di portare al preside della facoltà una proposta del sottoscritto, avente come oggetto un incontro-dibattito con il regista di Garage olimpo, M. Bechis. L'idea era nata casualmente allorché, in uno scambio di e-mail sul suo film, Marco Bechis si era detto interessato alla lettura Pedagogica che proponevamo alla sua attenzione. Chiariamo che la lettura fatta era mutuata dal discorso del professor Mantegazza, in particolare alla eredità lasciata all'umanità dal dispositivo dei lager NaziFascisti. All'elemento micrologico del frammento… Bechis si diceva perfettamente d'accordo con questa visione e molto lieto di partecipare ad una discussione su tali temi. Probabilmente il discorso proposto interessava poco il preside della facoltà, oppure non era possibile soddisfare le richieste degli studenti. Tuttavia è probabile che il vero motivo sia in una mancanza di sensibilità, che non è un crimine, verso temi che in questi anni sono stati spesso dibattuti e al centro della formazione Pedagogica di Massa. Potremmo anche leggere in questa storia un cambiamento di orizzonte epistemologico dei docenti universitari, o di parte di essi. Anche questo non è un crimine. Epperò una certa preoccupazione mi assale se proprio in riferimento alla storia raccontata ripenso a Foucault e al Potere. Segni e linguaggi. Probabilmente sono solo mie paranoie, avendo una età non più giovane ho scelto la facoltà di Scienze dell Educazione e della Formazione perché mi interessavano i discorsi sulla formazione dell'indirizzo "clinico". Temo che forse dopo la scomparsa del fondatore di quella prospettiva educativa tutto si perda o si confonda in un mare più ampio. Insomma che perda originalità e vigore dissacrante quell'esperienza. Un'esperienza che vedeva l'avvicendarsi di costruzioni personali di discorsi Pedagogici differenti, sotto l'orizzonte epistemologico del Maestro. Tutto qui. Scusatemi se ho usato il giornale per esprimere più che altro dei timori personali. Vorrei comunque chiudere con una citazione, vista la moda corrente, in uso anche celebrativo… Nietzsche, mi pare, da La Gaia Scienza…
I tuoi veri educatori e plasmatori ti rivelano quale è il vero senso originario e la materia fondamentale del tuo essere, qualche cosa di assolutamente ineducabile e implasmabile… i tuoi educatori non possono essere nient'altro che i tuoi liberatori.
"Il maestro dei maestri", così il titolo di un quotidiano il giorno della sua scomparsa, 1 gennaio 2000. Riccardo Massa è stato preside e figura centrale nella nascita della nostra facoltà, e ha lasciato un grande vuoto umano, oltre che accademico e organizzativo. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o di seguire le sue lezioni non può essere rimasto indifferente alla sua personalità esplosiva, ai suoi modi gioviali, alle sue idee "scandalose" e profondamente sentite. Si è pensato che il modo migliore per celebrare Riccardo Massa fosse quello di ripercorrere la sua formazione e i suoi ricchissimi studi in un incontro affidato al prof. Duccio Demetrio, di cui riportiamo alcuni appunti ricordando con affetto e gratitudine chi in così poco tempo è riuscito a darci così tanto.
"Si è tante persone quante volte si è scolari". Per essere più sottili e meno gregari, nella vita è bene avere tanti maestri e uno dei maestri di Massa fu certamente Luigi Pareyson (1). Professore di estetica, fu forse lui a stimolare in Massa l'attenzione per l'organismo vivente e per la sua singolarità, l'idea della pedagogia come "fare", come artigianato pedagogico, come processo, divenire, possibile, come forma artistica (si pensi al suo accostamento di educazione e teatro). Ma il carattere delle forme e del dar forma non è solo "avventurosa attività dell'artista": è anche organizzazione, architettura, costruzione di un contesto, di un setting (termine che lui stesso "importò" nella pedagogia italiana) che ogni volta deve essere riadattato ma che non può non esserci.
Probabilmente Massa dovette anche a Martin Heidegger (2) (e alla sua lettura di John Dewey - filosofo soprattutto dell'esperienza - in chiave esistenzialistica) l'incontro con il tema importante dell'esperienza. Esperienza ed educazione non sono la stessa cosa, ma guai se non entrano in contatto!
D'altra parte la connotazione del pedagogista è di venire dall'esperienza prima di intraprendere la strada accademica. Massa veniva infatti dall'esperienza scoutistica, e lo si vede (oltre che dal suo amore per la montagna) nel tema dell'avventura, del viaggio, della trasgressione, del rischio: nessun idillio pedagogico o ritorno alla natura, ma un ritorno alle cose, ritrovamento della altruità esistenziale (3). È educativo ciò che ci pone in condizione di costruire una ulteriorità, e in ciò c'è l'idea di un oltrepassamento, di una scommessa.
Negli anni '80 si presentò la necessità di costruire epistemologicamente l'autonomia del discorso pedagogico (4): la pedagogia veniva svenduta, enciclopedizzata, lacerata (Pedagogia in scacco? è il titolo del primo libro di Massa). Contro questa tendenza, Riccardo Massa è sempre stato convinto che fosse possibile trovare una specificità della pedagogia! Comunque questo resta un quesito aperto, e la nostra facoltà si deve anche a questo dibattito: portare i pedagogisti al senso della loro disciplina.
L'incontro con l'opera di Foucault (5) (e con il suo invito all'archeologia dello sguardo medico) inaugurò un percorso sull'abuso, l'erotismo, la crudeltà educativa. La pedagogia e l'educazione non amavano affatto indagare questi argomenti, ma proprio per questo l'incauto pedagogista andava avvertito che non si può ridurre il lavoro pedagogico all'intenzionalità, che prima di ogni sapere umano c'è sempre un sapere, una struttura da disvelare (il dispositivo pedagogico), una latenza pedagogica (concetto che si rifà alla psicoanalisi lacaniana) Il metodo clinico ci permette di raggiungere verità empirica e di acquisire consapevolezza. La clinica della formazione (6) non è la clinica di Foucault o quella psicoanalitica: è una continua decostruzione e ricostruzione del nostro linguaggio e dei nostri modelli. Ne consegue anche un atteggiamento di cautela e prudenza nel giudicare, nel quale ritroviamo la lezione fenomenologica di sospendere il giudizio. Il lavoro di Massa sull'adolescenza (7) rivela l'attenzione per le immagini che gli educatori hanno dei fatti educativi di cui sono protagonisti.
Il lavoro di Riccardo Massa è caratterizzato da un approccio epistemologico costruito con grande rigore che coniuga elegantemente concetti (teorico) ed esperienze (empirico), che si confronta non solo a posteriori ma fin dai primi passi con l'esperienza e la vita.
Professore ordinario di Filosofia dell'educazione, Riccardo Massa è stato titolare della Cattedra di Pedagogia e Direttore dell'Istituto di Pedagogia nell'Università degli Studi di Milano dal 1980 al 1998. È stato Senior Fellow nelle Università del Michigan e della California. È autore di studi teorici che hanno rinnovato il profilo epistemologico della pedagogia. Con il suo gruppo di collaboratori ha messo a punto una metodologia innovativa denominata 'clinica della formazione', conducendo ricerche in ambito scolastico ed extrascolastico.
(1) L. Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Bompiani
(2) (Non su questo argomento) M. Heidegger, Soggiorni. Viaggio in Grecia
(3) R. Massa (a cura di), Linee di fuga. L'avventura nella formazione umana, La Nuova Italia, Firenze, 1998
(4) R. Massa, Teoria pedagogica e prassi educativa, Bologna, 1979
(5) M. Foucault, Nascita della clinica
(6) R. Massa (a cura di), La clinica della formazione, Angeli, Milano, 1997
(7) R. Massa (a cura di), Adolescenza. Immagine e trattamento, Angeli, 1986/87; Le vite normali, 1980
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