Si ringraziano la Libreria Universitaria Bicocca e la copisteria AGCopy per la gentilissima collaborazione.
Sono intervenuti in questo numero: Natascia Curto, Erika Ferrario & friends, Marta Franchi, Rita Garzetti, Valentina La Martina, Patrizia Moretti, Patrizia Perdetti, Emanuele Serrelli, Emanuela Travisi, Diego Valeri. Si ringrazia la redazione del Sito Non Ufficiale.
SCIE RITORNA AD OTTOBRE! Ringraziamo tutti coloro che ci scrivono e ci sostengono, e cerchiamo sempre nuovi collaboratori! BUONE VACANZE!!!! Ci vediamo a settembre!Torna alla homepage | Informazioni sulla pubblicazione |
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Ciao a tutti, cari lettori di Scie! Innanzitutto vorrei scusarmi con tutti voi per lo spropositato ritardo di questa uscita. Però, realisticamente, se questa iniziativa vorrà continuare ci vorrà già dal prossimo settembre un ricambio di coordinatori, o almeno un aiuto da alcuni volenterosi di voi. Per esempio tu, che stai leggendo, perché non ti metti in contatto con noi e non ci dai una mano? Colgo l'occasione per ringraziare Emanuela Trevisi e Patrizia Moretti, che nel coordinamento di questo numero sono state veramente insostituibili!
È la fine del semestre, tempo di bilanci. Tempo per ridere e per piangere, e per riflettere, e per gettare uno sguardo verso il futuro. Un po' di tutto questo troverete in questo numero. Intanto in questa introduzione regaliamo un sorriso alla Facoltà, che ha veramente superato se stessa facendo uscire le date degli appelli ad APRILE (!!!), mettendo a disposizione TUTTE le liste di iscrizione già dal 21 maggio, presentando il nuovo ordinamento 3+2 il 31 maggio, migliorando la gestione dei corsi… insomma, piano pianino stiamo arrivando a regime, anche se (tutti lo sappiamo benissimo) non tutto è rose e fiori!
Non so invece se ridere o se piangere quando penso al test di informatica: una prova totalmente inutile, costruita in modo ottuso, una serie di quesiti che non misura ASSOLUTAMENTE NULLA. Non certo la capacità di usare il computer comunque. Per cui se non l'avete passato non vi preoccupate: non siete voi gli stupidi! Tra parentesi, parla uno che con l'informatica ci lavora e che ha passato il "test".
Diciamo che è meglio ridacchiare quando si pensa ai test di valutazione della didattica, al fatto che siano obbligatori per legge, all'uso (?) che ne verrà fatto, all'adeguatezza delle domande, al fatto che viene somministrato al termine dei corsi quando sono rimasti solo gli studenti sfegatati per la materia. Ma si sa, gli strumenti di analisi quantitativa hanno i loro difetti…
Per quanto rigurda la riflessione, proiettiamoci al futuro: a come verrà affrontata la sfida (a mio parere positiva) della Riforma, a come cambierà il mondo dell'educazione, a come sapremo cambiarlo noi da pedagogisti preparati a livello universitario, con un'impostazione culturale di spessore, con un "occhio clinico" che le generazioni precedenti non hanno avuto la possibilità di esercitare. In bocca al lupo a tutti, per i vostri esami e per il vostro progetto di studio e di professione. E poi… buone vacanze!!!
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Qui in università ci viene chiesto di "valutare" la didattica" con questionari ma io preferisco esprimere la mia opinione scrivendo su Scie. In particolare vorrei parlare di un corso che ho seguito in questo secondo semestre: sociologia dell'educazione, del prof. Moscati.
Non sono d'accordo con molti aspetti organizzativi di questo corso.
Il corso è strutturato in questo modo: la frequenza è obbligatoria se si volgiono svolgere i compitini, che vengono fatti durante l'anno, e che danno la possibilità di spezzettare il programma. Vengono raccolte le firme per verificare che chi si dichiara frequentante, presentandosi ai compitini, abbia effettivamente frequentato.
Innanzi tutto non sono d'accordo a che si incentivi la frequenza per il solito problema dei numeri: sappiamo tutti ormai che siamo in troppi rispetto alle strutture che ci sono state assegante e quindi trovo che mettere l'obbligo di frequenza in un corso sia, oltre che poco pratico, anche scorretto, poiché in questo modo si "costringono" gli studenti a frequentare in condizioni poco adatte. Infatti, visto che la frequenza è attestata dalle firme e da nient'altro, le lezioni sono regolarmente affollate da studenti che non prestano attenzione a quello che si dice ma "vengono solo per firmare". Un'altra cosa su cui non sono d'accordo è, appunto, il metodo con cui si incentiva la frequenza. Da una parte infatti si chiede (a ragione) agli studenti di comportarsi in modo maturo ma dall'altra non si abbandonano i metodi coercitivi e di controllo propri della scuola superiore (che, tra l'altro, possono funzionare solo con i numeri contenuti della scuola superiore). Si è verificato ad esempio che al secondo compitino la presenza dei condidati fosse di molto superiore al numero degli effettivi frequentanti. Io non credo che questo sia avvenuto perché l'Italia sarebbe un paese dove le persone sarebbero scorrette, come ha sostenuto il prof. Moscati, ma semplicemente perché per svolgere bene il compitino non era necessario aver frequentato assiduamente le lezioni. Invece di usare un metodo coercitivo (scatenando per altro la fantasia degli studenti nell'evaderlo), si sarebbe potuta creare una reale corrispondenza tra argomenti delle lezioni e argomenti richiesti nel compitino cosicché i non frequentanti sarebbero stati automaticamente scoraggiati dal presentarsi.
Un'altra cosa su cui non sono d'accordo è il modo in cui è stata gestita la questione "libro in più per i non frequentanti". Questa pratica è in uso presso la nostra facoltà, e mi sta bene perché il ragionamento che ci vedo sotto è "le lezioni danno qualcosa che la semplice lettura non da, quindi chi non frequenta deve integrare ciò che perde con altre letture". In questo corso invece chi non frequenta deve portare un libro in più ("allievi in classe, stranieri in città"), che tratta argomenti che a lezione non verranno trattati: in questo modo, paradossalmente, chi non frequenta ha una preparazione più vasta di chi non frequenta. Mi chiedo questo che senso abbia.
Un altro capitolo sul quale ho da dire è la valutazione dei compitini. Innanzitutto non esiste una reale corrispondenza tra la preparazione ed i voti, prendi un voto alto solo se c'è corrispondenza tra il tuo modo di interpretare la materia e quello del professore che questa volta ti corregge il compitino. Visto che i "correttori" sono 5 (prof. Moscati, Prof. De Francesco, dott. Ghisleni, dott. Vinante, dott.ssa Sekulic) uno studente preparato ha una possibilità su 5 di prendere un voto alto (ammesso che la sua interpretazione corrisponda a quella di uno dei 5 prof!!!). Inoltre, trattandosi di tre compitini, è difficlissimo ottente una media alta. Inoltre il fatto che la media degli scritti faccia media con l'orale non è corretto perché credo che l'importante sia sapere le cose e non saperle il giorno dello scritto: se uno studente arriva preparato all'orale vuol dire che merita un voto alto e un voto alto mediato con il voto derivato da lacune che non ha più.
Inoltre i voti dati ai compitini di sociologia sono spesso bassi rispetto ai canoni di valutazione solitamente usati nella nostra facoltà: agli altri esami quando il professore ti da 24 ti guarda un po' schifato, come per dire "ma che pazienza che ci vuole a promuoverli tutti" e in effetti in generale se prendi 24 significa che non eri molto preparato. Se prendi 24 in sociologia, invece, significa che hai fatto un compitino buono. Però quello che resta non è il "compitino buono", ma il 24. Del resto rifiutare un voto non si può, a meno di non rifiutarli tutti e tre e di rifare un compito complessivo, che farà media con l'orale. Ma vista l'arbitrarietà dei voti probabilmente non ne vale neanche la pena.
Dopo tutte queste critiche, però, vorrei anche invitare gli studenti a riflettere se sia il caso, le rare volte che un professore è disposto ad ascoltare i nostri problemi a lezione, di subissarlo con problemi del tutto personali o di un piccolo gruppo del tipo iolavoroioabito lontanoiononhocapitoladomandaioho il gatto che sta maleio mi sono rotta un'unghia
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Nello scorso numero di Scie è stata descritta la gestione organizzata di un appello d'esame e si è arrivati alla conclusione che "organizzarsi è possibile". Alla luce di nuovi fatti, che a breve vado ad illustrare, sembra ancor più possibile sperare che gli episodi di organizzazione rientrino sempre meno nell'ambito delle eccezioni per entrare presto a far parte della quotidianità della nostra realtà scolastica.
Il giorno 6 marzo ha avuto inizio il corso di Sociologia dell'Educazione per gli studenti del secondo anno; il primo giorno di lezione è stato distribuito un foglio nel quale veniva definito il calendario delle lezioni per i frequentanti, i giorni delle prove d'esame, l'orario delle lezioni con la suddivisione per lettere, i giorni delle registrazioni dei voti essendo le prove d'esame scritte, il nome dei testi adottati per frequentanti e non ed infine l'orario ed i giorni di ricevimento dei docenti.
Incroyable! Le lezioni si sono svolte di pari passo con la scansione presentata, anche se i problemi non sono mancati, ma una volta tanto si può dire che siano stati affrontati egregiamente, questo perché era evidente la volontà nel risolverli. Difatti, essendo il numero dei frequentanti piuttosto elevato, nonostante la suddivisione in due corsi distinti per lettera (un gruppo aveva lezione al mattino e l'altro al pomeriggio), durante le lezioni della mattina, l'aula era sovraffollata e le lezioni si sono svolte in condizioni disagiate sia per gli studenti che per i docenti. Per riparare a questa situazione e stata fatta un'ulteriore divisione per lettera, in modo da riequilibrare la frequenza nei due gruppi e si è riusciti a trovare almeno per una volta la settimana un'aula più grande. Il giorno 27 marzo si è svolta la prova d'esame riguardante il primo modulo di lezioni, il tutto in atmosfera tranquilla e priva di isterismi.
Dopo una decina di giorni sono usciti in bacheca i risultati delle prove, ed è stato possibile visionare il proprio compito durante gli orari di ricevimento dei professori del corso.
Ho raccontato tutto questo, non per elogiare in modo particolare il corso di Sociologia, ma per sottolineare come sia possibile qualora lo si voglia gestirsi ed organizzarsi in ambito universitario. Sono consapevole che la nostra facoltà ha vita da poco tempo, che tutto è ancora in via di stabilizzazione, ma non mi sembra di chiedere troppo, quando sottolineo l'esigenza di migliori condizioni durante lo svolgimento delle lezioni e degli esami.
Perché non stabilire anticipatamente, ritirando qualche giorno prima le liste degli iscritti agli esami, la scansione giorno per giorno degli esaminati, riuscendo così a comunicarlo il giorno della data d'appello? Questo agevolerebbe chi lavora, così potrebbe sapere in anticipo il giorno in cui dovrà chiedere il permesso!
Perché non richiedere, un'aula adeguata in base al numero degli studenti iscritti all'esame?
Perché non prenderci un po' in considerazione?
Colleghi, molti di voi ritengono importante ottenere un maggior numero d'appelli d'esame, io gradirei per lo meno avere appelli d'esame degni di questo nome, che vuol dire, non dover urlare fuori da un'aula stracolma e pigiata in mezzo ad una folla di persone, la conferma della propria presenza all'esame!
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Ci avreste mai creduto? Gli studenti-lavoratori di SDE si iscrivono all'università per interesse personale. Questo è il dato più rilevante emerso dal questionario distribuito ai presenti alla riunione del febbraio scorso.
Infatti il 100% degli interpellati, ala domanda SI È ISCRITTO PER, hanno scelto la risposta INTERESSE PERSONALE. Si sarebbe potuto pensare che essendo lavoratori il loro scopo principale fosse di migliorare a loro posizione lavorativa, ma solo una persona ha effettuato una doppia scelta crociando sia INTERESSE PERSONALE che MIGLIORARE LA POSIZIONE LAVORATIVA. Resta comunque da chiedersi se il loro interesse sia stato soddisfatto!
Questo questionario era stato preparato per costruire una sorta di identikit dello studente-lavoratore di SDE e benché il campione sia stato esiguo (venti questionari raccolti) può tuttavia fornire una traccia per disegnare un profilo-tipo dello studente-lavoratore.
Come forse ci si poteva immaginare si tratta di una donna (gli uomini sono 5 su 20) tornata a studiare dopo aver raggiunto stabilità professionale e familiare, infatti il 35% ha dai 30 ai 40 anni. Non mancano però i giovani (30% dai 20 ai 25 anni) che studiano dopo aver trovato un sospirato lavoro.
Il 55% vive a Milano ed è impiegato (40%) a tempo pieno (45%). Per quanto riguarda gli impegni familiari il gruppo si divide quasi equamente tra chi non ne ha (45%) e chi è sposato (40%) mentre i figli sono presenti solo nel 20% dei casi.
L'85% è iscritto a SDE come prima laurea e frequenta l'università quando ha tempo (40%).
L'ultima domanda intendeva indagare sugli svantaggi della posizione di studente-lavoratore e si poteva indicare più di una risposta. Le risposte possibili erano:
POCHI CONTATTI CON GLI ALTRI STUDENTI
DIFFICOLTÀ NEL REPERIRE LE INFORMAZIONI
DIFFICOLTÀ NEL CONCILIARE STUDIO E LAVORO
SCARSE POSSIBILITÀ DI SEGUIRE LE LEZIONI
Mentre ci sono state solo 3 indicazioni per la prima risposta (15%), le altre tre risposte sono state scelte rispettivamente 9 (45%), 8(40%) e 9 volte. Possiamo arrischiarci a trarre la conclusione che i contatti interpersonali sono considerati meno importanti delle opportunità di studio, ma questo può essere giustificato dal fatto che gli studenti-lavoratori, avendo un lavoro ed essendo più "grandi", hanno una vita sociale indipendente dalla vita universitaria.
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Le ho viste far tardi la sera
e bere birra e ridere forte,
le ho viste uscire la mattina
andare via al sorgere del sole.
Le ho viste bianche in una chiesa
promettere amore e fedeltà,
le ho viste piangere in cucina
sole davanti ad un piatto freddo.
Le ho viste felici di offrire
il seno ad un bimbo appena nato,
le ho viste rincorrere meste
un figlio smarrito per la strada.
Le ho viste studiare e lottare
guadagnando la vita ogni giorno,
le ho viste soffrire in attesa
di un futuro che non arriva mai.
Le ho viste di tutti i colori
piantare croci dov'era l'erba.
Le ho viste grigie sulle strade
strappare giorni all'eternità.
Le ho viste scommettere e perdere
le ho viste rifiutare e amare
le ho viste sognare e cercare
le ho viste decidere e scegliere
le ho viste per sempre ragazze.
Non so dove i gabbiani
abbiamo il nido.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua
ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi
amo la quiete
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
V.Cardarelli
Tu mi chiedi perchè mai io passi la vita a scrivere.
Lo trovo forse un divertimento?
Ne vale la pena?
Ma, sopratutto,è ben pagato?
Altrimenti, quale sarebbe il motivo?...
Io scrivo perché
c'è una voce in me
che non vuol tacere.
Sylvia Plath
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Buongiorno a tutti, vorrei presentarmi: mi chiamo Televisione, per gli amici Tivù. Mi conoscete tutti perché sono nelle vostre case, accesa oppure spenta, non importa: io sono sempre lì e vi osservo. Conosco molto bene i vostri piccoli, loro mi adorano e grazie a me osservano mondi fantastici e passano pomeriggi interi davanti al mio schermo luminoso, desiderando quasi di entrarvi. Mio cugino invidioso, il Libro, sostiene che io non sono educativa come lui e che io non posso, per mia costituzione, stimolare le menti dei bambini e aiutarli a crescere e ad alimentare la loro fantasia; io gli faccio notare che, se una specie intelligente come la vostra mi ha scelto come baby-sitter dei propri figli invece di un noiosissimo libro, ci deve essere un motivo più che valido. Leggere è faticoso, stanca… e poi devi sempre immaginare, immaginare, immaginare… Io, invece, offro immagini già pronte, offro mondi già costruiti… non devono fare altro: solo guardare. Però siete strani voi uomini; a volte mi chiamate mostro, dite che io faccio vedere violenza e morte a chi non può capire che è tutta finzione, che io do cattivi esempi. IO? Non vi state dimenticando qualcosa? VOI avete il potere, il telecomando è sempre saldamente nelle vostre mani. VOI decidete cosa vedere e cosa no, io, senza il vostro comando, sono solo un oggetto inerme. Vi lamentate degli uomini che lavorano per me, della violenza di alcuni registi o della satira di alcuni comici… ma siete voi che li avete creati, non io! Loro esistono perché qualcuno li guarda, è la legge della domanda e dell'offerta.
Voi mi avete creato, mi usate e poi dite che sono io una delle responsabili di stragi e delitti… io? Siete proprio strani! E non siete nemmeno molto furbi; già, perché mentre voi criticate la violenza e l'orrore che io vi mostro, non vi accorgete che ci sono pericoli molto più gravi in agguato. Ma vi devo proprio dire tutto? Non vi siete mai accorti di quelle famiglie perfette (tutti sempre bellissimi, elegantissimi, in ottima salute e con un lavoro ben pagato e che li gratifica, senza mai nessun problema…) che ogni tanto vi propino? Anche quello è un cattivo esempio, sapete. Spesso, mentre la mamma è in cucina a rassettare fino alle undici di sera e il papà è quasi addormentato sul divano, sento un bambino che pensa: "Perché la mia famiglia non è così? Perché mamma deve lavorare ed è sempre stanca? Perché papà ha così poco tempo per me? Cosa c'è di sbagliato nella nostra famiglia?". Il piccolo non capisce che la famiglia sbagliata non è la sua, ma quella televisiva, che, pur di non mostrare nemmeno un briciolo della tanto temuta realtà, si inventa situazioni inesistenti e in cui nessuno potrà mai riconoscersi. Vogliono mostrare una realtà perfetta, una realtà in cui tutti i problemi si risolvono con un sorriso, una realtà in cui regna sempre e comunque pace ed armonia; una realtà che ha un solo problema: non esiste! La violenza è dura da accettare ma almeno caratterizza la realtà in cui vivete ed è facile da smascherare, facile da riconoscere; ma il "buonismo" televisivo cela dietro di sé un lato oscuro: la menzogna. Perché far credere ad un bambino che tutte le famiglie sono perfette? Perché ingannarlo per poi vederlo disilluso tra qualche anno? Perché non presentargli le cose come stanno? I problemi ci sono e vanno affrontati, e non sempre si vince. Ma questo non può capirlo da solo, abbandonato davanti ad un oggetto che spesso mente; aiutatelo a smascherare le mie bugie e fategli capire che solo questo sono, un oggetto; non una fabbrica di sogni, né un mostro. Per i sogni rivolgetevi a mio cugino, il Libro, che ancora vi aspetta a braccia aperte; per i mostri…guardatevi intorno.
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Ciao a tutti, vi voglio consigliare un buon libro che farebbe riflettere ogni buon educatore: è la storia di una ragazza autistica che dopo 23 anni di "isolamento" trova qualcuno che si accorge che nei suoi strani comportamenti: c'erano dei messaggi volontari che potevano essere decifrati grazie alla comunicazione facilitata.
In questo libro Katia Rondhe, "La ragazza porcospino", racconta il suo tragico destino, le sue pulsioni e i suoi sogni, con una grande sincerità. Questo libro è un enigma, una sfida lanciata alla scienza perché Katia è autistica nella forma più grave: prigioniera di un corpo ribelle, incapace di vestirsi, di parlare, di scrivere e soggetta a terribili crisi aggressive. Per 23 anni è stata considerata una ritardata mentale, grazie al metodo della comunicazione facilitata si è scoperto che Katia è superdotata, ha insegnato a se stessa a leggere e scrivere numerose lingue e ha una memoria fotografica prodigiosa. Ben presto, oltre a frequentare il liceo comincia con l'aiuto della madre a scrivere la sua autobiografia, che tradurrà anche in francese. Questo libro è la straordinaria testimonianza di una vicenda umana ai limiti dell'incredibile e ci insegna più che mai a non giudicare la "normalità" delle apparenze.
Il messaggio che a me preme molto sottolineare è l'importanza del "non detto", non solo con chi ha problemi ma anche con chi ci sta attorno, la capacità di ascolto dell'altro è fondamentale nel rapporto interpersonale a qualsiasi livello… bisogna allenarsi! Buona lettura.
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Questo seminario può essere presentato come un seminario "strano", "atipico".
Come in tutti i seminari che si frequentano è stata presente la "dimensione" dell'incontro e del confronto reciproco. Quindi vi è stata la possibilità da parte di ogni persona di poter esprimere il proprio punto di vista, di dialogare liberamente senza sentirsi soggetta ad alcun giudizio, di partecipare attivamente senza che questo venisse in qualche maniera imposto.
È importante sottolineare la metodologia utilizzata, in quanto il percorso educativo-formativo intrapreso è stato caratterizzato da un insieme di idee che sono confluite in modo spontaneo e che si sono presentate sotto un aspetto "flessibile" tanto da poter continuamente costruire, decostruire e ristrutturare collettivamente la sequenzialità dei vari incontri. Ad ogni persona è stata data la possibilità di "prendere lo spazio" che meglio intendeva e voleva "ritagliare" per sé, questo perché prima di guardare al risultato finale dell'attività del seminario, ci si è concentrati sul processo che stava avendo luogo.
Siamo comunque partiti da un'idea, dal PROGETTO INIZIALE di REALIZZARE una RAPPRESENTAZIONE (ambientata su un treno, con personaggi tipici, familiari a quel particolare contesto) nel corso dell'ultima lezione del corso di Pedagogia Generale e da qui si sono organizzate in modo spontaneo, "improvvisato" le scene da rappresentare.
Alla gestualità, alla danza… alla recitazione e al lavoro di gruppo, in corso d'opera, si sono aggiunte figure "esterne" all'università nella persona di due musicisti (Renato Franchi: voce-chitarra e Giovanni Arzuffi: fisarmonica) che sono diventati parte integrante del seminario e della rappresentazione, avvenuta il 22 Dicembre 2000.
Quest'ultima è stata l'occasione, per noi studentesse del 3° anno e per gli studenti del 1° anno che hanno assistito alla "performance", di ascoltare un brano di loro composizione dal titolo "CANZONE PER ION" a testimonianza del grave fatto che ha assunto le cronache nazionali sul caso dell'ingegnere rumeno ION CAZACU arso vivo dal suo datore di lavoro a Gallarate (Va), fatto estremo di un atteggiamento negativo nei confronti di un "diverso" e nel caso specifico un lavoratore immigrato.
Tema, questo, al centro della nostra rappresentazione, che aveva come elemento caratterizzante quello di sottolineare atteggiamenti positivi e negativi tipici di alcuni individui della società nei confronti delle persone considerate dal senso comune stranieri-alieni e non cittadini del mondo.
Ciò che rende questo seminario diverso – e nella sua "diversità" speciale, unico – è la presenza continua dell'espressività corporea ed artistica. La possibilità per ognuno di poter utilizzare la "tecnica" del disegno e della danza, ha permesso di potersi esprimere non solo attraverso il linguaggio, le parole, ma in maniera diversa, nuova. Ed è proprio nella situazione particolare che si è creata, che tutte noi abbiamo potuto "metterci in gioco".
Inizialmente l'impatto è stato forte. Imbarazzo, resistenza, quasi un "blocco mentale" che rimandava il momento d'inizio dell'effettiva partecipazione a questo seminario.
Ma nonostante la possibile e probabile goffaggine dei movimenti, l'imprecisione dei coordinamenti e l'interpretazione molto soggettiva dei suoni e della musica, c'è stato da parte di tutte un profondo rispetto per il "naturale essere" dell'altro.
Da qui la sintonia, da qui il sentirsi "gruppo", da qui l'unione di più persone che ha dato vita all'unicità di questo incontro…
Questo viaggio nelle culture e nei linguaggi del mondo si è reso possibile grazie alla sensibilità e disponibilità del prof. Duccio Demetrio e della prof.ssa Laura Formenti docenti di Pedagogia Generale, che con il prof. Henri Olama, conduttore del seminario e la prof.ssa Mariangela Giusti docente di Pedagogia Interculturale hanno avviato e coordinato un percorso che ha permesso di fissare un punto di partenza per l'attivazione di un progetto concreto aperto a studenti e non studenti quale nuovo "strumento" per una formazione e autoformazione sui linguaggi espressivi e artistici non verbali a carattere interculturale.
A LORO E A TUTTI GLI STUDENTI CHE HANNO ASSISTITO ALLA RAPPRESENTAZIONE… DICIAMO GRAZIE E ARRIVEDERCI A PRESTO!
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Se noi potessimo ridurre la popolazione del mondo intero in un villaggio di 100 persone mantenendo le proporzioni di tutti i popoli esistenti al mondo, il villaggio sarebbe così composto:
Ci sarebbero:
57 Asiatici
21 Europei
14 Americani (Nord Centro e Sud America)
8 Africani
52 sarebbero donne
48 uomini
70 sarebbero non bianchi
30 sarebbero bianchi
70 sarebbero non cristiani
30 sarebbero cristiani
89 sarebbero eterosessuali
11 sarebbero omosessuali
6 persone possiederebbero il 59% della ricchezza del mondo intero
e tutti e 6 sarebbero statunitensi
80 vivrebbero in case senza abitabilità
70 sarebbero analfabeti
50 soffrirebbero di malnutrizione
1 starebbe per morire
1 starebbe per nascere
1 possiederebbe un computer
1 (sì, solo 1) avrebbe la laurea
Se si considera il mondo da questa prospettiva, il bisogno di accettazione, comprensione e educazione diventa evidente.
Prendete in considerazione anche questo:
Se vi siete svegliati questa mattina con piu salute che malattia siete più fortunati del milione di persone che non vedranno la prossima settimana.
Se non avete mai provato il pericolo di una battaglia, la solitudine dell'imprigionamento, l'agonia della tortura, i morsi della fame, siete più avanti di 500 milioni di abitanti di questo mondo.
Se potete andare in chiesa senza la paura di essere minacciati, arrestati, torturati o uccisi, siete più fortunati di 3 miliardi di persone di questo mondo.
Se avete cibo nel frigorifero, vestiti addosso, un tetto sopra la testa e un posto per dormire siete più ricchi del 75% degli abitanti del mondo.
Se avete soldi in banca, nel vostro portafoglio e degli spiccioli da qualche parte in una ciotola siete fra l'8% delle persone piu benestanti al mondo.
Se i vostri genitori sono ancora vivi e ancora sposati siete delle persone veramente rare.
Se avete ricevuto questo messaggio, consideratelo come una doppia benedizione, perché qualcuno ha pensato a voi e perché non siete fra i due miliardi di persone che non sanno leggere.
Qualcuno una volta ha detto:
Lavora come se non avessi bisogno dei soldi.
Ama come se nessuno ti abbia mai fatto soffrire.
Balla come se nessuno ti stesse guardando.
Canta come se nessuno ti stesse sentendo.
Vivi come se il Paradiso fosse sulla Terra.
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Come iscriversi ai corsi di lingua straniera, se frequenti Scienze del'Educazione? Ah. mistero buffo! Senza conoscere orari, date degli esami, validità del corso, molti di noi si sono interessati alle "40 ore" che ci avrebbero traformato in poliglotti nel giro di 3 mesi (l'ottimismo in ateneo rasenta livelli fantascientifici).
Ma, nonostante gli sforzi ai terminali, perigliosi viaggi in Internet e domande reiterate nelle segreterie (non la nostra, nella maggior parte dei casi inaccessibile), scopriamo che il sito citato in una circolare non è proprio quello della Bicocca, ci sono un po' di manovre digitali oscure da fare e, alla fine, iscriversi a questo corso assomiglia più a un quiz a premi o alla saga del "ne resterà soltanto uno" (in rete).
Ad ogni modo, io e altri non siamo riusciti ad assicurarci un posto al corso, forse abbiamo lasciato troppo in fretta cadere l'entusiasmo davanti ai muri tecnologici, forse l'informazione è giunta parzialmente (e in ritardo)… Fatto sta che aspettiamo il giorno in cui grideremo "miracolamento!" e potremo iscriverci agli esami col tesserino magnetico, che non ci è mai servito a nulla, e lasciare alle spalle biro e sbianchetto (in realtà, finora, paradossalmente più funzionali).
P.S. È vero, l'appello di Storia della Filosofia è iniziato quasi in orario, ma si è protratto anch'esso per diverse estenuanti ore. Nevrosi compresa.
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Sento crescere da parte del corpo docente questa idea favorevole al numero chiuso. Una cosa pericolosa e pazzesca. Pericolosa peché introduce, nonostante i docenti l'ammantino di bontà qualitativa, una selezione "a priori". In realtà di classe. Elitaria. L'idea è una Università per pochi, meritocratica o fondata sul censo (tipicamente Liberale). In alternativa per gli studenti che non possono accedere una serie di invenzioni formative. Insomma, ci stanno preparando la culla.
La cosa grave, a me sembra, è che quando un docente coraggiosamente esprime questa opinione perlopiù nascosta da altri suoi colleghi, in aula nessuno obietta. Mi sembra di vivere in un mondo di sordi. Sveglia! L'introduzione di un criterio simile ha come prima conseguenza lo scardinamento di un principio fondamentale e di un diritto universale. Possibile che non lo capiate? Possibile che il potere di questi sia arrivato a tal punto che siete capaci solo di lamentavi se un libro costa troppo e non se vi preparano alla formazione guidata dalla industria? Perché poi sarà questo il punto (già in essere). Istruirvi come vuole (scusate il termine) il padrone. Senza capacità critica.
Cari docenti, sappiate che se solo ci provate cercheremo di impedirvelo,con ogni mezzo necessario. Pensate piuttosto a garantire un'Università più efficiente e di qualità. Anche dal punto di vista organizzativo. Il resto dei vostri discorsi è roba vecchia. Già vista. Ricordate la canzone? Contessa?
Vorrei chiudere questa lettera ricordando Riccardo Massa: una carriola per lui era uno strumento didattico. Una buona fantasia al potere. Chi lo eguaglia?
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Giovedì 17 maggio alle 11.00 si è tenuta in Università nell'edificio U6 una riunione per tutti gli studenti di Scienze dell'Educazione. L'assemblea prevedeva l'incontro con le rappresentanti degli Studenti, delle quali era presente solo Maresa Sbarra, per discutere l'Ordine del Giorno che prevedeva i seguenti punti:
All'incontro erano presenti una quarantina di studenti, tra cui in maggioranza quelli del primo anno ed alcuni del secondo e terzo anno.
Inizialmente si è parlato delle Elezioni Studentesche, che sono state rimandate a Novembre e dell'esigenza di trovare al più presto nuovi rappresentanti volenterosi di portare al consiglio di Facoltà la voce degli studenti.
Si è passati poi a parlare degli appelli d'esame, dei minacciosi salti d'appello e delle possibilità e impossibilità nella strutturazione del proprio piano di studi.
Si è parlato dell'esperienza di ognuno rispetto allo svolgimento delle lezioni, degli esami e dei professori, ma la cosa più importante ed evidente che è emersa è il dilagare della politica "penso per me" che porta la maggior parte degli studenti a lamentarsi della disorganizzazione (quando viene personalmente colpito!), a firmare lettere di petizione al preside per avere un maggior numero di appelli (che tanto mettere una firma non costa niente!), a vivere l'università in modo molto disinteressato!!!
È stata proposta un'assemblea per un incontro tra docenti e studenti per ridiscutere degli appelli d'esame .Troverete informazioni ulteriori su giorno, orario ed aula in bacheca! Siete tutti invitati!!
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Vi mando qualche barzelletta, le ho prese dal sito RISATE ON LINE (www.risateonline.it), forse lo conoscete già... Ciao Patrizia Pedretti
Due giovani sposini siciliani sono nella stanza d'albergo dove si accingono a passare la loro prima notte di nozze. Lui e' già nudo dentro al letto mentre lei sta finendo di prepararsi nel bagno. Quando la mogliettina esce lui con aria assatanata le fa:
- Cammela, mmmmhhh... spegni la luce del bagno!
- Perche' marituzzo mio?
- Spegnila senza discutere!
Spenta la luce...
- Cammela, tira le tende!
- Si tesoro!
- Cammela, ora chiudi le serrande!
- Ma perche'? Tirai già le tende!
- Non fare domande e sbrigati! Ora spegni la luce!
- Ma cosa mi vuoi fare?
- Spegni la luce e vieniti a mettere qui vicino ammia!
- Non capisco...
Carmela, fremente, si sdraia vicino al marito:
- Cammela...
- Dimmi...
- Ti piace il mio orologio fofforescente?
Un tizio va alla fiera per comprarsi un paio di blue jeans, si ferma ad una bancarella e trova un bel paio di veri falsi Levi's, se li prova e gli stanno a pennello, allora rivolto al negoziante:
- Senta ma 'sti jeans se li lavo stringono?
- Nooooo, quelli sono veri falsi Levis, sono meglio degli originali!
- Si ma se io li lavo stringono?
- Le ho detto di noooo, sono meglio di quelli che compra nel negozio!
- E se poi io li lavo e stringono?
- Guardi non è possibile, sono fatti troppo bene!
- E se mettendoli nella lavatrice poi mi stringono?
- Non si deve preoccupare, me li porta e io le restituisco i soldi!
- Perfetto, allora li compro!
L'uomo tutto felice va a casa e chiede alla moglie di mettere i pantaloni nella lavatrice. Dopo averli tirati fuori, come volevasi dimostrare, erano diventati 7 taglie più piccoli, allora l'uomo senza perder tempo se li indossa e con questi pantaloni che gli arrivavano sopra le ginocchia corre alla fiera. Trovata la bancarella si rivolge al negoziante:
- Senta lei... mi riconosce?
- Mmmmh... no, non direi, quando l'ho vista?
- Qualche ora fa... ero quello che le chiedeva se questi pantaloni stringevano!
- Miiiiii e quanto sei cresciutoooooo!!!
Alcune chicche raccolte dai verbali stilati dai beniamini dell'arma:
Un uomo in viaggio d'affari si reca in uno dei più lussuosi alberghi della città. La sera, al bar, attacca discorso con una splendida ragazza e, in breve, decide di portarsela a letto. Prima di salire in camera fa registrare la ragazza come sua moglie.
Il giorno dopo, dovendo ripartire, chiede il conto e, con enorme sorpresa, vede che ammonta ad oltre un milione.
- Guardi che ci deve essere un errore - dice al portiere - Io sono stato qui soltanto una notte!
- Lei sì. - risponde il portiere - Ma la sua signora viene qui da un paio di mesi!
Un piccolo cammello sta parlando col padre:
- Babbo, come mai noi abbiamo queste due gobbe sulla schiena?
E il padre:
- Perché noi siamo animali del deserto e le gobbe servono per contenere la nostra riserva d'acqua.
Di nuovo il piccolo cammello:
- Babbo e perché abbiamo questo pelo?
E il padre risponde:
- Perché siamo animali del deserto e il pelo ci protegge dal sole e dalla sabbia.
Il piccolo nuovamente:
- Babbo, ma come mai abbiamo delle zampe così esili, mentre i piedi sono così grossi?
E il padre:
- Perché noi siamo animali del deserto e non dobbiamo sprofondare nella sabbia.
Il cucciolo, ora un po' accigliato:
- Ho capito babbo, ma allora, se è vero che siamo ANIMALI DEL DESERTO, che cavolo ci facciamo allo zoo di Pistoia?